L’articolo 35 comma 15-bis del D.P.R 26 ottobre 1972, n. 633 prevede che l’attribuzione del numero di partita IVA comporti l’effettuazione di controlli automatizzati per individuare elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso, nonché l’eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell’attività, secondo i poteri attribuiti dal D.P.R. n. 633/1972. Tali attività sono finalizzate a verificare che i dati forniti dai soggetti per la loro identificazione ai fini Iva siano completi ed esatti. In caso di esito negativo, l’ufficio emana provvedimento motivato di cessazione della partita IVA e provvede all’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (VIES). Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate Prot. n. 110418 del 12 giugno 2017 (in “Finanza & Fisco” n. 12/2017, pag. 946) sono stati stabiliti i criteri e le modalità di cessazione della partita Iva e di esclusione della stessa dal VIES.
Ai fini del rafforzamento del presidio di cui al citato comma 15-bis, la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) ha previsto un’ulteriore tipologia di controlli connessi al rilascio di nuove partite IVA, inserendo all’articolo 35, dopo il comma 15-bis, i commi 15-bis.1 e 15-bis.2.
Le disposizioni della citata Legge di Bilancio 2023, contenute nei commi da 148 a 150, prevedono che l’Agenzia delle entrate, nell’ambito delle azioni di contrasto all’evasione ed alle frodi implementi le proprie analisi al fine di introdurre idonei presidi atti a evitare l’utilizzo di nuove partite IVA, da parte di soggetti che presentano profili di rischio, soprattutto con riferimento alla realizzazione di frodi fiscali (perpetrate spesso attraverso la costituzione di ditte individuali o società di capitali a responsabilità limitata semplificata, caratterizzate da brevi periodi di operatività, finalizzate alla violazione di obblighi fiscali e contributivi, sottraendosi ad ogni attività di riscossione).
Nel dettaglio, il comma 148 ha introdotto due nuovi commi 15-bis.1. e 15-bis.2 al sopra richiamato articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Il nuovo comma 15-bis.1. stabilisce che ai fini del rafforzamento del presidio previsto dal comma 15-bis, l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, a esito delle quali l’ufficio invita il contribuente a presentarsi in ufficio per esibire la documentazione prevista agli articoli 14 e 19 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, ove obbligatoria. Si tratta in particolare di scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati nonché degli esercenti arti e professioni. L’esibizione di tale documentazione è volta a consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività di esercizio di impresa nonché di arti e professioni e per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati.
In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA.
Il comma 15-bis.2. chiarisce che, ferma restando la disciplina applicabile nelle ipotesi in cui la cessazione della partita IVA comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, in caso di cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1, la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro.
In caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse.
Il comma 149 introduce un nuovo comma 7-quater. all’articolo 11 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto. Tale norma prevede che il contribuente destinatario del provvedimento emesso ai sensi dell’articolo 35, commi 15-bis e 15-bis.1, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 3.000, irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione della partita IVA. Non si applica l’articolo 12 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 in materia di concorso di violazioni e continuazione.
Il comma 150 specifica che con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti criteri, modalità e termini per l’attuazione, anche progressiva, delle disposizioni in esame. Proprio in virtù di quest’ultima disposizione, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 maggio 2023, prot. n. 156803 definite ora le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 148.
Le attività di analisi del rischio sui soggetti titolari di partita IVA
Nel nuovo provvedimento agenziale evidenziato che la novella normativa, prevista dai commi 15-bis.1 e 15-bis.2 dell’articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è principalmente rivolta alle partite IVA di nuova attribuzione, caratterizzate da brevi cicli di vita o da ridotti periodi di operatività, cd. “Partite IVA apri e chiudi”, associati al sistematico inadempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte. Sono altresì ricomprese le partite IVA già esistenti e, in particolare, quelle che, dopo un periodo di inattività o a seguito di modifiche dell’oggetto o della struttura, riprendano ad operare con le caratteristiche innanzi dette.
Analisi del rischio connesso al rilascio e all’operatività delle partite IVA. Criteri di valutazione
Nel provvedimento del 16 maggio 2023, prot. n. 156803 (par. 2.1.), stabilito che la valutazione del rischio è, prioritariamente, orientata su:
- elementi di rischio riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica. Tali elementi possono riguardare sia la presenza di criticità nel profilo economico e fiscale del soggetto sia la manifesta carenza dei requisiti di imprenditorialità, nonché di professionale e abituale svolgimento dell’attività del medesimo;
- elementi di rischio relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;
- elementi di rischio relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA, per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.
Modalità operative del controllo delle partite IVA
I soggetti titolari di partita IVA che presentano gli elementi di rischio come sopra individuati o gli altri elementi, di volta in volta individuati dall’Agenzia delle entrate nell’ambito della propria analisi del rischio, sono invitati, ai sensi dell’articolo 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a comparire di persona presso l’ufficio competente ai sensi dell’art 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo le modalità e i tempi previsti dall’ordinamento tributario.
L’invito contiene l’indicazione dei profili di rischio individuati e gli elementi di pericolosità fiscale riscontrati in base alle specifiche analisi effettuate anche in applicazione dei sopra citati criteri.
La comparizione personale è finalizzata alla verifica dei profili di rischio propri del titolare della ditta individuale, del lavoratore autonomo o del rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, a cui è attribuita la partita Iva.
Il contribuente è, inoltre, chiamato a fornire ogni chiarimento e ad esibire la documentazione di cui agli articoli 14 e 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ove obbligatoria e, in ogni caso, a dimostrare documentalmente l’assenza dei profili di rischio individuati dall’ufficio.
Nell’attività di controllo innescata dalla presenza dei citati elementi di rischio l’ufficio effettua:
- riscontri volti a verificare l’effettività degli elementi di rischio individuati con riferimento alle gravi anomalie relative al profilo soggettivo del titolare della ditta individuale, del lavoratore autonomo o del rappresentante legale dell’ente a cui si riferisce la partita Iva. Tali riscontri possono riguardare criticità di carattere fiscale unitamente ad aspetti relativi alla reperibilità del soggetto, alle competenze professionali, al possesso dei requisiti di imprenditorialità ed alla solidità patrimoniale e finanziaria, da analizzare alla luce della specifica attività svolta;
- riscontri volti a verificare l’effettivo esercizio dell’attività di cui agli articoli 4 e 5 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e l’assenza dei profili di rischio individuati rispetto alle anomalie emerse. Tali controlli, effettuati anche sulla base dell’esame della documentazione esibita in risposta all’invito e dei chiarimenti forniti, possono riguardare l’esistenza e l’idoneità della struttura organizzativa, le modalità di svolgimento dell’attività dichiarata ed ogni elemento di coerenza rispetto alla stessa;
- riscontri volti a verificare il corretto adempimento degli obblighi fiscali del soggetto passivo IVA, rispetto agli elementi di pericolosità ed alle correlate violazioni individuati dall’ufficio.
Provvedimento di cessazione della partita IVA e di irrogazione della sanzione
Nel caso in cui il contribuente non ottemperi all’invito dell’ufficio o non fornisca gli elementi idonei a dimostrare l’insussistenza dei profili di rischio i o emersi nel corso dell’istruttoria, anche a seguito della presentazione della documentazione richiesta, l’ufficio notifica al medesimo il provvedimento di cessazione della partita IVA. La cessazione della partita IVA ha effetto dalla data di registrazione in Anagrafe Tributaria della notifica del provvedimento.
La sanzione prevista dall’articolo 11, comma 7-quater del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 viene irrogata contestualmente al provvedimento di cessazione della partita IVA e non trova applicazione l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in materia di concorso di violazioni e continuazione. La sanzione trova applicazione nei confronti dei soggetti destinatari dei provvedimenti di cessazione della partita IVA emessi sia ai sensi del comma 15-bis.1 che ai sensi del comma 15-bis.
La cessazione della partita IVA comporta l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie rendendola conseguentemente invalida nel sistema elettronico di cui all’articolo 17 del Regolamento (UE) n. 904/2010.
Inoltre, conformemente a quanto previsto dall’articolo 35-quater del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella sezione dedicata al servizio di verifica della partita IVA del sito internet dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) sarà possibile riscontrare, mediante i dati disponibili in anagrafe tributaria, l’eventuale cessazione della partita Iva ai sensi dell’articolo 35, commi 15-bis e 15-bis.1. In tal modo, ciascun operatore potrà verificare in ogni momento se nei confronti di un proprio fornitore o di un proprio cliente sia stato emesso un provvedimento di cessazione della partita IVA ai sensi dei citati commi, al fine di evitare il coinvolgimento, anche indiretto, in meccanismi evasivi o fraudolenti.
Competenza per l’emissione dei provvedimenti di cessazione della partita Iva e di irrogazione della sanzione
I provvedimenti di cessazione della partita IVA e di irrogazione della sanzione sono emessi dall’ufficio territorialmente competente ai sensi dell’art 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Impugnabilità innanzi alle Corti di giustizia tributaria
Si ritiene che il provvedimento di cessazione della partita IVA sia impugnabile davanti alle Corti di giustizia tributaria. Infatti, risulta ormai consolidato, il principio per il quale nel processo tributario l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, qualora mediante gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche. (Cfr., tra le altre, sentenza n. 17010 del 05/10/2012 — in “Finanza & Fisco” n. 31/2012, pag. 2455 e le più recenti ordinanze: n. 3775 del 15/02/2018, Sez. VI – Trib. – Presidente: Iacobellis, Relatore: Mocci; n. 22222 del 12/09/2018 – Presidente: Cirillo, Relatore: Napolitano — in “Finanza & Fisco” n. 21/2018, pag. 1581).
Va peraltro evidenziato che il provvedimento del 16 maggio 2023, sostanzialmente disciplina di una sorta di contraddittorio anticipato rispetto all’eventuale decisione dell’ufficio in merito alla cancellazione. Naturalmente, il contraddittorio deve risultare reale ed effettivo. Ne consegue, che l’atto di cancellazione deve essere “motivato”, anche in relazione alle risposte e osservazioni del contribuente. Diversamente, ritenendo cioè che non vi sia alcun obbligo per l’Ufficio di replicare formalmente a quanto dedotto dal contribuente, si svuoterebbe di significato e utilità quanto previsto dal paragrafo 3 del provvedimento in esame. Anche perché si contravverrebbe al principio di obbligatorietà del contraddittorio nel settore impositivo IVA.
Richiesta di attribuzione di partita Iva successiva al provvedimento di cessazione
Nel provvedimento del 16 maggio 2023, prot. n. 156803 (par. 6), prevede che il soggetto destinatario dell’atto di cancellazione può successivamente richiedere l’attribuzione di partita IVA, solo previa presentazione di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria, a favore dell’Amministrazione finanziaria, della durata di tre anni e per un importo, in ogni caso, non inferiore a euro 50.000. Qualora siano state commesse violazioni fiscali prima dell’emanazione del provvedimento di cessazione della partita IVA, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme (comprensive di imposta, sanzioni, interessi ed eventuali oneri accessori) ancora dovute se superiori a euro 50.000.
La polizza fideiussoria o fideiussione bancaria, rilasciata ai sensi dell’articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348 e successive modifiche e integrazioni, è prestata a favore del Direttore pro tempore della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate competente ai sensi dell’art 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e presentata alla medesima Direzione Provinciale al momento della richiesta di attribuzione della partita IVA. La polizza fideiussoria o fideiussione bancaria deve riportare il contenuto minimo di cui al fac-simile allegato al provvedimento in esame.