• 18/04/2024 14:43

La Direttiva IVA nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano alla normativa italiana, che consente all’Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell’IVA, a condizione che tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonché del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X della direttiva IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Questo è quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza Causa C-648/16 del 21 novembre 2018.

Avvio del processo di rettifica con il metodo analitico-induttivo solo in presenza di rilevanti divergenze tra volume d’affari dichiarato e la stima (nella specie di Gerico)

La pronuncia della Corte Ue, Causa C-648/16 del 21 novembre 2018, nel sostenere che “per quanto attiene al principio di proporzionalità, tale principio non osta a che una normativa italiana preveda che solamente a fronte di rilevanti divergenze tra l’importo del volume d’affari dichiarato dal contribuente e quello determinato in base al metodo induttivo, sulla scorta del volume d’affari realizzato da soggetti esercenti la stessa attività del contribuente, possa avviarsi il procedimento di rettifica fiscale. … Divergenze di tal genere possono solamente far sorgere presunzioni relative, confutabili dal contribuente mediante prova contraria”, si contrappone nettamente ad un preciso e recente orientamento della giurisprudenza nostrana della Corte Suprema di Cassazione secondo cui “l’accertamento induttivo fondato sul mero divario, a prescindere dalla sua gravità, tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto risultante dagli studi di settore è legittimo (decorrere dal 1° gennaio 2007) … in base all’art. 1, comma 23, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in quanto, con l’aggiunta di un inciso, ha soppresso il riferimento alle «gravi incongruenze», prima operato tramite il rinvio recettizio all’art. 62-sexies, comma 3, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427. (In termini, Cass.: Sez. V, n. 22421 del 4 novembre 2016; Sez. V, n. 17807 del 19 luglio 2017 (in “Finanza & Fisco” n. 16/2017, pag. 1222); Sez. V, n. 18627 del 13 luglio 2018 (in “Finanza & Fisco” n. 21/2018, pag. 1568).

Link alla sentenza della Corte di Giustizia CE – Sezione IV – del 21 novembre 2018, Causa C-648/16, con oggetto: IVA (Imposta sul valore aggiunto) – STUDI DI SETTORE – Accertamento standardizzato mediante l’applicazione degli studi di settore – Pronuncia sulla compatibilità degli studi di settore con la normativa unionale – Articolo 273 della Direttiva 2006/112/CE – Metodo di accertamento della base imponibile in via induttiva (nella specie, accertamento analitico-induttivo) – Detraibilità dell’IVA – Presunzione – Normativa nazionale che fonda la determinazione dell’IVA sul volume d’affari presunto in base agli studi di settore – Conformità al diritto dell’Unione – Condizioni – Rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del diritto di difesa – Gravi incongruenze rispetto alle risultanze degli studi di settore (“gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati”) – Necessità – Compatibilità delle misure nazionali – Valutazione del giudice del rinvio – Artt. 62-bis e 62-sexies, del D.L. 30/08/1993, n. 331, conv., con mod., dalla L. 29/10/1993, n. 427 – Art. 10, della L. 08/05/1998, n. 146