
Come previsto dal comma 5 del nuovo articolo 21-bis decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come inserito dall’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, inviate le prime lettere di compliance con cui l’Agenzia delle entrate invita i contribuenti a chiarire la loro la posizione e a saldare il debito IVA se dovuto.
La fonte normativa del nuovo tipo di Alert
Come detto, il fonte normativa dell’informativa relativa alle incoerenze dei versamenti effettuati rispetto all’importo dell’IVA da versare indicato nella comunicazione dei dati della liquidazione periodica, è costituita comma 5 del nuovo articolo 21-bis D.L. 78/2010. Mentre, la fonte secondaria è il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 marzo 2017, prot. n. 58793/2017, (in “Finanza & Fisco” n. 41-42/2016, pag. 2774). Il citato provvedimento e i suoi allegati, oltre a definire le informazioni da trasmettere e le modalità tecniche per la trasmissione delle stesse, stabilisce che le informazioni acquisite tramite le comunicazioni trimestrali liquidazioni IVA saranno tempestivamente messe a disposizione – in forma organizzata e sicura – dei soggetti passivi IVA, al fine di instaurare un dialogo pre-dichiarativo tra l’Agenzia e quei contribuenti per i quali, dall’analisi dei dati trasmessi, emergano potenziali incoerenze tra i dati delle fatture e quelli delle liquidazioni IVA. In particolare, con specifico riferimento alle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, stabilisce che le informazioni sulle incoerenze tra i versamenti dell’imposta effettuati rispetto all’importo da versare indicato nelle comunicazioni saranno rese consultabili nel Cassetto fiscale e nella sezione Consultazione dell’area autenticata dell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”, nel sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Cosa fare
Anche sul punto, soccorre il citato comma 5 del nuovo articolo 21-bis D.L. 78/2010, secondo cui: « … quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente è informato dell’esito (…). Il contribuente può fornire i chiarimenti necessari, o segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Si applica l’articolo 54-bis, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, indipendentemente dalle condizioni ivi previste».In sostanza, anche senza il pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta, da eseguirsi ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.P.R. 23 marzo 1998 n. 100, degli articoli 6 e 7 del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, nonché dell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990 n. 405, comunicando l’esito della liquidazione al contribuente. Pertanto, i titolari di partita IVA destinatari delle comunicazioni relative al I trimestre 2017 possono regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commessi, secondo le modalità previste dall’istituto del ravvedimento operoso ex articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997. I contribuenti così, potranno beneficiare della riduzione delle sanzioni graduata in ragione della tempestività delle correzioni. Una chance che resta salva a prescindere dalla comunicazione preventiva, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento o il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità di cui al citato 54-bis del D.P.R. 633/1972, che come detto, potrà essere inviata anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.
A titolo di ravvedimento operoso sono dovuti:
a) in caso di versamento tardivo:
— sanzione graduata in ragione della tempestività (1) e commisurata all’importo pagato in ritardo:
• se il ritardo è inferiore a 15 giorni dalla scadenza = sanzione ridotta ad 1/10 della sanzione applicabile in base ai giorni di ritardo (ossia 0,1 per cento per ciascun giorno);
• se il ritardo è compreso tra il 15° giorno e il 30° giorno dalla scadenza = sanzione ridotta ad 1/10 del 15 per cento (ossia 1,5 per cento);
• se il ritardo è compreso tra il 31° giorno e il 90° giorno dalla scadenza = sanzione ridotta a 1/9 del 15 per cento (ossia 1,67 per cento);
• se il ritardo è oltre 90 giorni dalla scadenza fino al termine di presentazione della dichiarazione (2) = sanzione ridotta a 1/8 del 30 per cento (ossia 3,75 per cento);
— interessi legali calcolati in base ai giorni di ritardo (dal 1° gennaio 2017 tale tasso risulta stabilito nella misura dello 0,1% – vedi D.M. Mef del 7 dicembre 2016).
b) in caso di versamento carente:
— frazione non pagata
— sanzione graduata in ragione della tempestività (1) e commisurata alla frazione non pagata:
• se il ritardo con cui versa la carenza è inferiore a 15 giorni dalla scadenza = sanzione ridotta ad 1/10 della sanzione applicabile in base ai giorni di ritardo (ossia 0,1 per cento per ciascun giorno);
• se il ritardo con cui versa la carenza è compreso tra il 15° giorno e il 30° giorno dalla scadenza = sanzione ridotta ad 1/10 del 15 per cento (ossia 1,5 per cento);
• se il ritardo con cui versa la carenza è compreso tra il 31° giorno e il 90° giorno dalla scadenza = sanzione ridotta a 1/9 del 15 per cento (ossia 1,67 per cento);
• se il ritardo con cui versa la carenza è oltre 90 giorni dalla scadenza fino al termine di presentazione della dichiarazione (2) = sanzione ridotta a 1/8 del 30 per cento (ossia 3,75 per cento).
— interessi legali calcolati in base ai giorni di ritardo (dal 1° gennaio 2017 tale tasso risulta stabilito nella misura dello 0,1% – vedi D.M. Mef del 7 dicembre 2016).
Il ravvedimento di un omesso versamento di un debito IVA periodico tramite compensazione con un credito IVA emergente dalle liquidazioni periodiche successive
Riguardo alla possibilità di regolarizzare (3) l’omesso versamento IVA periodico, mediante compensazione con il credito IVA emergente dalle liquidazioni periodiche successive, con circolare n. 42 E del 12 ottobre 2016, (par. 4.3 in “Finanza & Fisco” n. 19/2016, pag. 1518) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “la compensazione del debito IVA periodico, e il conseguente ravvedimento delle sanzioni, può essere anticipata utilizzando il credito IVA maturato in un trimestre successivo a quello violato. In tale evenienza è, tuttavia, necessario che detto credito sia rimborsabile ai sensi degli articoli 30 e 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e preventivamente destinato alla compensazione mediante presentazione del modello IVA TR”. Trattandosi di compensazione orizzontale o esterna, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, la stessa andrà evidenziata nel modello F24 e sarà subordinata al rispetto dei limiti di 5.000 euro annui di cui al comma 1 del citato articolo 17, e di 700.000 euro annui di cui al già citato articolo 34, comma 1, della legge n. 388 del 2000. Qualora il credito da destinare in compensazione IVA sia superiore al limite di 5.000 euro occorre il visto di conformità di cui all’articolo 10 del decreto legge n. 78 del 2009. In assenza dei requisiti per poter utilizzare le eccedenze di credito trimestrale, il ravvedimento dell’omesso versamento periodico può essere effettuato utilizzando in compensazione il credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale. In tale evenienza, il credito può essere compensato con un debito IVA pregresso a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello della maturazione. Trattandosi, di utilizzo del credito IVA trimestrale e/o annuale – di compensazione esterna ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, la stessa deve essere evidenziata nel modello F24 ed è, in ogni caso, subordinata al rispetto dei limiti di 5.000 euro annui di cui al comma 1 del citato articolo 17, e di 700.000 euro annui di cui all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Inoltre, qualora il credito da destinare in compensazione IVA sia superiore al limite di 5.000 euro, occorre la preventiva apposizione sulla dichiarazione annuale del visto di conformità prescritto dall’articolo 10 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78.
Nota (1) – Si ricorda che l’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 (in “Finanza & Fisco” n. 20/2015, pag. 1522) come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. o), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha previsto la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. In tali casi, quindi, la sanzione passa dal 30% al 15%. Pertanto, se la regolarizzazione avviene, per esempio, entro 30 giorni dall’originaria data di scadenza del pagamento del tributo, la sanzione ridotta da versare in sede di ravvedimento sarà pari all’1,5% dell’imposta dovuta (1/10 della sanzione ordinaria ridotta alla metà). Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni. In tali casi la sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (1%). Pertanto, in sede di ravvedimento, la sanzione da versare sarà pari allo 0,1% per ciascun giorno di ritardo (1/10 dell’1%).
Nota (2) – Esiste poi il ravvedimento cd. lunghissimo, che prevede sanzioni pari ad 1/7 del minimo (ossia 4,29 per cento), a condizione che il versamento sia eseguito entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero, se non è prevista dichiarazione periodica, entro 2 anni dall’omissione o dall’errore (art. 13, comma. 1, lett. b-bis del D.Lgs. 472/97,) e il ravvedimento cd. ultrabiennaleche prevede sanzioni pari ad 1/6 del minimo (ossia 5,00 per cento), se il versamento è eseguito oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero, se non è prevista dichiarazione periodica, oltre 2 anni dall’omissione o dall’errore (successiva lett. b-ter);
Nota (3) – Naturalmente il mancato pagamento può essere dovuto all’omessa presentazione del modello F24 a saldo zero, che determina, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 15 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (come introdotto dall’articolo 15, comma 1, lett. q), n. 2), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 — in “Finanza & Fisco” n. 20/2015, pag. 1497), l’applicazione della sanzione di euro 100, ridotta a euro 50 se il ritardo non è superiore a cinque giorni lavorativi. In tal caso è possibile sanare la violazione mediante l’istituto del ravvedimento operoso con le seguenti graduate sanzioni in ragione della tempestività:
– alla sanzione base di euro 50, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata con un ritardo non superiore a cinque giorni lavorativi (euro 5,56);
– alla sanzione base di euro 100, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata con un ritardo superiore a cinque giorni lavorativi ma entro novanta giorni dall’omissione (euro 11,11).
Trascorso il termine di novanta giorni e qualora ne ricorrano le condizioni, torneranno applicabili le diverse ed ulteriori riduzioni di cui alle lettere da b) a b-quater) dell’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, da commisurarsi alla sanzione base di euro 100,00. In particolare, sarà dovuta la sanzione di:
– euro 12,50, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata entro un anno dall’omissione (lettera b));
– euro 14,29, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata entro due anni dall’omissione (lettera b-bis));
– euro 16,67, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata oltre due anni dall’omissione (lettera b-ter));
– euro 20, se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata dopo la constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 4 del 1929 (lettera b-quater)).
Con riferimento all’ammontare di tali sanzioni si evidenzia che, poiché la sanzione base stabilita dall’articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 471 del 1997 è attualmente espressa in euro, non si ritiene più utilizzabile la regola del troncamento dei decimali che opera qualora la riduzione sia applicata ad un importo espresso in lire. Le sanzioni ridotte sono state, quindi, arrotondate al centesimo di euro. (Cfr. risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 36 E del 20 marzo 2017 in “Finanza & Fisco” n. 41-42/2016, pag. 2713)