È stato pubblicato a cura del Dipartimento della giustizia tributaria (MEF) il documento di ricerca “La prova nel processo tributario dopo la riforma fiscale: giurisprudenza a confronto nell’interpretazione dell’art. 7, comma 5-bis”.
La legge 31 agosto 2022, n. 130, ha disposto l’introduzione del comma 5-bis nell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992 con l’obiettivo di “superare tutte quelle inversioni probatorie via via elaborate nel tempo dalla giurisprudenza, quali eccezioni al generale onere della prova gravante in capo al fisco per porlo invece in capo al contribuente” e di attivare “una modifica culturale, un cambio di mappe cognitive per quanto riguarda l’inversione dell’onere della prova nel rapporto tra ordinamento tributario e contribuente. Si è messo un punto da valorizzare, che naturalmente non è esaustivo, ma che vale come luce per indicare il cammino nuovo, senza che questo scardini il meccanismo delle regole dell’ordinamento.” (dal resoconto della seduta 4 agosto 2022, Senato della Repubblica).
I giudici della Corte di Cassazione sono rimasti fermi sulle loro posizioni. Viceversa, la giurisprudenza di merito alcune volte ha preso le distanze dagli impulsi ermeneutici provenienti dalla Suprema Corte optando per l’interpretazione evolutiva della novella, tesa ad alleggerire il peso probatorio a carico dei contribuenti e, in buona sostanza, a riversarlo tutto sull’Amministrazione, eccettuate le liti da rimborso.
Il nuovo Update di Tax Justice fotografa le due letture che la giurisprudenza di prossimità dà della novella al solo scopo di evidenziare il contrasto giurisprudenziale che si è venuto a registrare.
I due orientamenti contrapposti
Tesi innovativa: alcune Corti di giustizia tributaria (Abruzzo, Padova, Pesaro, Roma, Salerno, Venezia) hanno riconosciuto al comma 5-bis una portata innovativa, ritenendo che l’onere della prova gravi interamente sull’Amministrazione finanziaria, eccettuate le liti da rimborso.
Tesi classica: altre Corti e la Cassazione interpretano la disposizione come conferma dei principi tradizionali, con un riparto dell’onere probatorio variabile a seconda delle fattispecie e con l’ammissibilità di presunzioni: da un lato, l’idea di una svolta che alleggerisce il peso probatorio per i contribuenti; dall’altro, la continuità con l’impianto preesistente e con l’art. 2697 c.c.
Dal documento emergono numerose decisioni di merito e di legittimità, che fotografano bene il contrasto interpretativo sull’art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. n. 546/1992.
Di seguito una selezione delle più significative suddivise per orientamento
Tesi innovativa (onere probatorio in capo all’Amministrazione – un’interpretazione più favorevole al contribuente, che alleggerisce il peso probatorio a carico di quest’ultimo)
CGT-Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, Sezione VII, 29.04.2025, n. 286 – Imponibilità IVA su cessione di yacht: onere della prova sull’Ufficio – La formulazione del comma 5-bis del art. 7 D.Lgs. n. 546/1992 costituisce una innovazione importante nei rapporti tra fisco ed i contribuenti e non può ritenersi solo un principio pleonastico o superfluo, e ciò in particolare nei casi in cui il contribuente si presti a fornire una prospettazione corroborata da documenti
CGT-Corte di giustizia tributaria di primo grado di Padova, Sezione II, 12.05.2025, n. 267 – Contributo consortile: il Consorzio deve dimostrare il beneficio concreto al fondo. É sempre onere del Consorzio fornire l’effettiva dimostrazione circa la sussistenza dei presupposti per l’esigibilità dei contributi di bonifica e comprovare, dunque, la piena legittimità della pretesa contributiva.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Pesaro, Sezione I, 02.05.2025, n. 111 – Frode fiscale e fatture inesistenti: onere probatorio rafforzato per l’Amministrazione. Il Legislatore ha ritenuto di inserire la norma all’interno del decreto sul processo, in tal modo fissando espressamente, anche all’interno del giudizio, il principio, che vede l’Amministrazione finanziaria onerata dell’onere probatorio fin dalla fase di formazione della pretesa. Conseguentemente in capo al Giudice adito, dunque, non vi sarà una facoltà di valutazione, ma – piuttosto – “obbligo” al quale non potrà sottrarsi, poiché nell’ambito del thema decidendum delimitato dalle parti e, segnatamente, dal contribuente, dovrà verificare, comunque, che l’Ufficio finanziario abbia adempiuto all’onere probatorio posto a carico della stessa A.E.
CGT- Corte di giustizia tributaria di Roma, Sezione XIII, 28.04.2025, n. 5684 – Rettifica di valore basata su valori OMI: non sufficiente senza ulteriori riscontri. Se ciò è vero in punto di diritto è altrettanto vero che anche le quotazioni “OMI” che la stessa Agenzia ha posto ad (esclusivo) fondamento dell’impugnato avviso non assumono, di per sé, valore di prova circa la fondatezza della maggior pretesa impositiva. E tanto basterebbe, di per sé, inficiare la fondatezza dell’odierna ripresa a tassazione, col conseguente annullamento – per ciò solo – dell’impugnato atto, alla stregua dell’art. 7, comma 5-bis, secondo periodo, D.Lgs. n. 546/1992, come novellato dall’art. 7 della legge 130/2022 (secondo cui il giudice tributario, sulla base degli elementi di prova emergenti in giudizio, “annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni“), gravando ormai sull’ufficio impositore, in prima battuta, l’onus probandi della (legittimità della) pretesa impositiva che, attraverso l’atto emesso nei confronti del contribuente, è tenuto a fornire prova esaustiva circa le violazioni contestate, senza differenziazioni in ordine alla tipologia di contestazioni mosse. Invero, premesso che le quotazioni “OMI“, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma mero strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa (Cass. Sez. VI-T, n. 25707/2015,), è ius receptum quello secondo il quale in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass., Sez. V, n. 21813/2018; Cass., Sez. V, ord. n. 22804/2024,). D’altra parte, neanche il giudice tributario può fondare il proprio convincimento su un unico elemento costituito unicamente dai valori OMI, siccome giustappunto “privi dei requisiti di precisione e gravità, i quali devono perciò combinarsi con ulteriori indizi se allegati” (Cass., Sez. V, ord. 24550/2020).
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Salerno, Sezione X, 09.05.2025, n. 2757 – Utili extracontabili in società a ristretta base: presunzione semplice, occorrono ulteriori prove. Il nuovo comma 5 bis, secondo cui “l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato“, richiama alla mente l’obbligo di un’adeguata motivazione dell’atto impositivo, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a fondamento della pretesa che devono poi trovare inequivocabile sbocco in giudizio, imponendo all’organo giudicante di, “fondare la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio“, con una precisa sanzione in caso di inosservanza da parte dell’amministrazione procedente. Invero, è espressamente previsto che il giudice annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Nel caso che ci riguarda, vale a dire la presunzione di distribuzione di utili ai soci, è di tutta evidenza che l’Ufficio è chiamato ad indicare esplicitamente gli elementi concreti sulla cui base le somme presuntivamente sottratte a imposizione da parte della società siano poi confluite ai soci. E questi elementi non sussistono certamente nei casi, come quello in esame, in cui la difesa erariale si limita ad accertare, in capo al socio, un maggior reddito come conseguenza dell’avviso di accertamento notificato alla società. Né, tanto meno, si può invocare alcun onere in capo al contribuente atteso che la prova contraria concerne un fatto negativo, e cioè la mancata percezione degli utili, che è inammissibile sul piano generale. Per tutto quanto sopra esposto e motivato, stante l’assenza di prove circostanziali e puntuali, alla luce del già citato articolo 7 D.Lgs. 546/92 l’atto impugnato deve essere annullato.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Salerno, Sezione XI, 13.05.2025, n. 2784 – Contestata frode con cessione d’azienda: onere probatorio rafforzato, atti annullati. In definitiva, l’accoglimento del ricorso, sulla base di quanto fin qui evidenziato, costituisce l’inevitabile conclusione del presente giudizio sulla base anche della fedele applicazione del disposto dell’articolo 7, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 546/92, secondo cui “Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.” Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate ha fornito la prova della pretesa impositiva sulla base degli elementi valorizzati all’interno dell’avviso di accertamento e, segnatamente, in ragione della ritenuta sussistenza di fatti idonei a comprovare l’avvenuta cessione di azienda dalla V. S. alla T. S. s.r.l. Rispetto a tali fatti la prova contraria fornita dalla difesa, costituita dalla relazione del consulente tecnico, nonché dalle allegazioni a tale atto, nonché dalla successiva produzione, presenta carattere di idoneità a rendere quantomeno insufficiente la dimostrazione delle ragioni oggettive fondanti la pretesa impositiva. Tale giudizio deve essere mantenuto fermo anche alla luce degli argomenti svolti dall’ufficio in sede di costituzione in giudizio, essendosi la parte resistente limitata a ribadire la fondatezza degli elementi valorizzati nell’ambito dell’avviso di accertamento, senza, tuttavia, fornire dati oggettivi idonei a neutralizzare le difese formulate nel ricorso e, soprattutto, la portata dimostrativa delle allegazioni sopra menzionate.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, Sezione I, 04.03.2025, n. 140 – Transfer pricing: l’Amministrazione deve fornire prova circostanziata e puntuale. L’art 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/92, a differenza delle previsioni recate dall’art. 2697 c.c., non richiede ad ognuno degli attori del giudizio di attivarsi per fornire, ciascuno, per l’Amministrazione finanziaria la prova, e per la parte ricorrente la controprova della spettanza, nel merito, della somma accertata e pretesa dall’Ufficio, ciò in quanto, esprimendosi in termini di prova, sufficiente, circostanziata, puntuale e non “contraddittoria, delle ragioni oggettive su cui si fonda la pretesa impositiva e l’irrogazione della sanzioni avanzata dall’ente, la stessa non potrà che essere letta ed intesa quale elemento di conferma conclusiva del legittimo operato della parte che ha promosso il proprio atto.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, Sezione I, 07.03.2025, n. 145 – Indennità di volo: la stabile organizzazione provata dal contribuente neutralizza l’atto impositivo. La legge 130/2022 ha modificato l’art. 7 D.Lgs. 546/92, aggiungendo il comma 5-bis, ristabilendo non solo le regole tradizionali in tema di onere probatorio, ma prevedendo, altresì, un maggiore rigore nell’individuazione delle prove da parte dell’Amministrazione Finanziaria, la quale deve provare i presupposti di fatto e di diritto della pretesa erariale. Ne consegue che il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. La nuova disposizione prevede effetti sostanziali in quanto introduce, non solo è una nuova regola di giudizio che il giudice è chiamato a rispettare, ma anche una nuova “consistenza” della prova, la quale deve essere idonea a dimostrare in modo circostanziato e puntuale la pretesa tributaria. Pertanto, non può essere una presunzione di natura amministrativa che potrà derogare alla regola d’imputazione dell’onere probatorio, proprio perché sia nel processo tributario, come in quello penale, quello del lavoro e quello civile ordinario, è ormai consolidata l’affermazione che “l’onus probandi” grava in modo rigoroso e senza facili concessioni, sul soggetto processuale che ha formulato una o più affermazioni. Il bilanciamento degli interessi contrapposti non è più una questione astratta, ma assume un’espressione di concreta genuinità e civiltà giuridica, ed i requisiti imposti dalla normativa novellata richiedono tutti e inderogabilmente la calibrazione dell’impalcatura al caso concreto e pertanto impongono la valutazione delle peculiarità e delle circostanze che involgono la realtà d’impresa o del singolo soggetto sottoposto ad accertamento. Ciò comporta che l’architrave motivazionale dell’atto di accertamento debba essere arricchita da ulteriori elementi fattuali noti e dimostrati che consentano di implementare un ragionamento qualificato come conseguenza possibile della concreta realtà sottoposta ad accertamento. Gli elementi sopra delineati conducono ad affermare che non è prevista la sola obbligatorietà della motivazione ma anche l’analitica descrizione ed esternazione dei rilievi e degli elementi probatori su cui l’Amministrazione finanziaria fonda la propria azione di accertamento, con l’obbligo delle indicazioni dei fatti certi in base ai quali l’Ufficio ha presunto l’esistenza di omissioni ed inesattezze
Tesi classica (continuità con art. 2697 c.c. e sistema delle presunzioni)
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Bari, Sezione VI, 05.05.2025, n. 1038 – Operazioni inesistenti: il comma 5-bis non modifica i principi consolidati sul riparto. Sulla valenza del nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.Lgs. n 546 del 1992 e dell’onere di prova imposto all’Ufficio, oltre che evidenziare che la norma (il comma 5-bis) è stata introdotta con la legge n. 130 del 13 agosto 2022 ed è in vigore dal 16 settembre 2022, in realtà, anche nella nuova versione, non modifica, nella sostanza, i consolidati principi sul riparto dell’onere probatorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Come affermato da S.C. (sentenza del 27 ottobre 2022, n. 31878): «è appena il caso di sottolineare che il comma 5-bis dell’art.7 D.Lgs. n. 546/1992, introdotto con l’articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l’onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio. Pertanto, la nuova formulazione legislativa, nel prevedere che “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni” non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale». In buona sostanza, la prova della inesistenza della operazione portata dalla fattura emessa ben può trovare la sua fonte negli elementi indiziari forniti e connotati, secondo quanto stabilito dall’art. 2729 c.c., da gravità, precisione e concordanza. Sulla ripartizione dell’onere probatorio, la Cassazione anche di recente ha affermato che, in tema di IVA, il principio di neutralità dell’imposizione comporta che l’Amministrazione finanziaria, ove contesti che siano state poste a fondamento della detrazione della relativa imposta operazioni soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche in via presuntiva, la ricorrenza di elementi oggettivi dai quali emerga che il contribuente, nel momento in cui acquistò il bene o il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Bari, Sezione VI, 12.05.2025, n. 1121 – Indeducibilità costi: restano valide le presunzioni legali che pongono l’onere al contribuente. L’articolo 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, così dispone: “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.“. Tanto, in linea pure con quanto precisato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza del 30 gennaio 2024, n. 2746, che rileva: «Può quindi affermarsi che “In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della L. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria”.». La società ricorrente, come illustrato, ha puntualmente adempiuto al suo onere probatorio con riferimento ad alcune spese riprese a tassazione producendo, come detto, regolari contratti di appalto, fatture, pagamenti tracciabili ed indizi sui quali basare il convincimento dell’effettività del costo sostenuto e dedotto fornendo così un’adeguata prova contraria. In parte dunque, il ricorso va accolto, con annullamento dell’atto impugnato nella parte in cui non riconosce la detraibilità dei costi sostenuti riferiti alle fatture emesse da U. in favore della ricorrente.
CGT- Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, Sezione II, 28.01.2025, n. 88 – Inerenza dei costi: onere probatorio a carico del contribuente. La fattispecie appare pertanto pienamente conforme al disposto dell’art. 7 del d.lgs. n. 546/1992, il cui comma 5 bis prevede: “l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni“. Recentemente anche la Cassazione è tornata sull’argomento, ribadendo che la nuova formulazione legislativa non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova (recate dalla L. 130/2022), che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale in sede processuale (ord. nn. 31878/2022 e 31880/2022 e 2746/2024). Nel caso di specie non può che prendersi atto della genericità e incompletezza delle fatture e dei documenti che dovrebbero, secondo la contribuente, provare l’effettività delle prestazioni e – conseguentemente – l’inerenza dei costi. Come puntualmente rilevato dall’Amministrazione, i contratti di collaborazione occasionale stipulati dalla società non riportano l’oggetto della collaborazione effettuata; le note per prestazioni occasionali, emesse dai collaboratori della srl, non riportano l’oggetto della prestazione, oppure presentano una descrizione della prestazione resa formulata in maniera estremamente generica e succinta; due note per prestazioni occasionali non riportano nemmeno il nome del collaboratore, benché i relativi costi siano stati registrati in contabilità; alcune prestazioni rese dai collaboratori risultano saldate senza che il percipiente avesse emesso apposita nota. È dunque insufficiente la prova del fondamento della pretesa (applicazione di un regime fiscale più favorevole, conseguente alla deducibilità), non già l’onere probatorio dell’Amministrazione.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Benevento, Sezione III, 23.05.2025, n. 750 – Detrazione IVA per operazioni inesistenti: la novella non impedisce l’uso delle presunzioni. Né una differente soluzione potrebbe scaturire dall’applicazione del comma 5-bis dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992 introdotto dalla L. 130/2022, che non preclude di certo la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di ricorrere alla prova per presunzioni. Come osservato dalla S.C., “la nuova formulazione legislativa, nel prevedere che «Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni» non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale” (Cass. 31878/2022; nello stesso senso, Cass. 2746/2024). Privo di rilievo è il riconoscimento dei costi di cui alle citate fatture ai fini IRES e IRAP. Invero (Cassazione n. 21706 del 08 ottobre 2020) i costi effettivamente sostenuti e riferiti ad operazioni soggettivamente false sono deducibili anche nell’ipotesi in cui l’acquirente risulti consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, a condizione però che tali costi non risultino essere stati dedotti in contrasto con i generali principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità previsti in via generale dall’art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (T.U.I.R.), ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Bergamo, Sezione I, 30.04.2025, n. 225 – Utili extracontabili: confermata la validità delle presunzioni tradizionali. Va rilevato, quanto alla lamentata violazione dell’art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. 31.12.1992 n. 546, che detta disposizione prevede quanto segue: “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato; il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’erogazione delle sanzioni“. Secondo il ricorrente, detta nuova norma preclude all’Ufficio l’utilizzo di presunzioni comportanti inversione di oneri probatori privi di riscontro in sede normativa. Sennonché, con essa si ribadisce quanto già espresso dall’art. 2697 c.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto deve provare in giudizio i fatti che ne costituiscono il fondamento, affermando il principio che l’Amministrazione finanziaria prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impositivo e il Giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio: significato che richiama i nuovi contributi probatori versati in giudizio con la prova documentale, la prova tecnica e la prova testimoniale. Il Giudice, a questo punto, in esito alla valutazione di tutti gli elementi probatori confermerà l’atto impositivo o lo annullerà quando la prova della sua fondatezza manca, o è contraddittoria o se è, comunque, insufficiente. Sul punto appare risolutivo l’orientamento seguito con immediatezza dalla Suprema Corte che ha precisato, con chiarezza, che la nuova formulazione della predetta disposizione “non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano alla istruttoria dibattimentale un ruolo centrale” (cfr. Cass., 27.10.2022, n. 31878 e n. 31880). E tale orientamento va condiviso, sottolineando, altresì, che proprio la nuova norma specifica che la decisione deve essere espressa in coerenza con la normativa tributaria sostanziale.
CGT- Corte di giustizia tributaria di primo grado di Lecce, Sezione IV, 18.04.2025, n. 731 – Utili extracontabili in società a ristretta base: confermata presunzione di distribuzione. Il comma 5-bis dell’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 prevede che l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato e il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni, mentre spetta al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati. Pertanto, se è vero che il comma 5 bis dell’art. 7 D.Lgs. n. 546/92, introdotto con l’articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l’onere probatorio gravante in giudizio sull’Amministrazione Finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio, tuttavia la nuova formulazione legislativa non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale. (Corte di Cassazione, Ordinanza del 27/10/2022 n. 31878) Nella presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili il fatto noto, che sorregge la distribuzione degli utili extracontabili, non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (Cass., sez. 6-5, 19/03/2015, n. 5581). E tali principi sono stati completati con l’ulteriore precisazione che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio può essere vinta dal contribuente fornendo la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (Cass., sez. VI-T, 2/02/2016, n. 1932; Cass., sez. V, 14/07/2017, n. 17461; Cass., Sez. VI-T, 22/12/2016, n. 26873; Cass., sez. VI-T, 9/07/2018, n. 18042; Cass., sez. V, 27/09/2018, n. 23247). Nel caso in oggetto il ricorrente non ha provveduto a fornire:
- né la prova contraria del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti;
- né la prova contraria della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria.
Natura interpretativa del comma 5-bis
CGT-Corte di giustizia tributaria di primo grado di Enna, Sezione II, 20.05.2025, n. 591 – Confermata la natura interpretativa del comma 5-bis. La novella introdotta dall’articolo sei della legge n. 130/2022 è stato aggiunto, all’articolo sette del decreto legislativo n. 546/1992, il comma cinque-bis secondo cui: “l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni…“. Tale disposizione è di portata non innovativa ma di più pregnante valenza interpretativa e si applica alle controversie in corso al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge. Cass. n. 730 del 11/01/2025: in tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento ha carattere di “provocatio ad opponendum“, sicché l’obbligo di sua motivazione è soddisfatto, ai sensi dell’art. 56 del D.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur“.
Corte di Cassazione (continuità con orientamento tradizionale)
Corte di Cassazione – Sezione V, Ordinanza, 27.10.2022, n. 31878