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La relazione illustrativa del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante: disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Atto senato della Repubblica n. 2362)

Si illustra di seguito il contenuto del decreto-legge, distinto per articoli.

CAPO I

MISURE A SOSTEGNO DELLE IMPRESE E DI ACCELERAZIONE DEL RECUPERO CREDITI

Articolo 1 (Pegno mobiliare non possessorio)

Per semplificare e rendere più flessibile il sistema delle garanzie, si introduce la disciplina del pegno non possessorio per garantire crediti concessi agli imprenditori, determinati o determinabili, anche relativi a rapporti futuri, con la previsione dell’importo massimo garantito, inerenti all’esercizio dell’impresa.

Il principale elemento di novità della riforma è dato dal fatto che l’imprenditore potrà costituire un pegno su beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa anche senza subire lo spossessamento, con la conseguenza che potrà continuare ad utilizzare il bene oggetto del pegno, nonché disporre dello stesso. Invero, l’impresa debitrice spesso è restia a perdere il possesso del bene necessario all’esercizio dell’attività impresa.

Per costruire il pegno è necessaria l’iscrizione in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate e denominato «registro dei pegni non possessori».

L’esigenza di porre mano ad una riforma organica del diritto delle garanzie mobiliari è stata segnalata da molti anni dalla dottrina più autorevole, nonché ribadita da molteplici studi e rapporti internazionali, i quali individuano nella rigidità e nella frammentarietà della disciplina in oggetto uno degli ostacoli più incisivi all’efficienza del sistema di finanziamento delle imprese e, dunque, un fattore frenante per lo sviluppo dell’economia e dell’occupazione.

Le ragioni di tale inadeguatezza sono sia di ordine formale sia di ordine sostanziale. In primo luogo le regole vigenti hanno un carattere disorganico, essendo contenute in una pluralità di fonti, anche di derivazione europea, e in un articolato corpus di sentenze giurisprudenziali.

In secondo luogo, l’impianto tradizionale del diritto delle garanzie reali mobiliari, di cui al codice civile del 1942, appare ormai largamente superato, alla luce delle profonde trasformazioni nel sistema economico e del contesto degli scambi, dando luogo ad un regime delle garanzie rigido e disfunzionale.

Finora si è cercato di porre rimedio a tali criticità attraverso interventi puntuali della legislazione speciale o mediante il ricorso a tecniche di interpretazione evolutiva da parte della giurisprudenza. Dal primo punto di vista è opportuno menzionare, a titolo esemplificativo, l’articolo 46 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 (TUB), che ha introdotto un privilegio speciale sui beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa, la cui opponibilità non è subordinata allo spossessamento, ma alla trascrizione dell’atto da cui risulta il privilegio nel registro di cui all’articolo 1524 del codice civile; oppure i decreti legislativi n. 170 del 2004 e n. 48 del 2011 (di recepimento delle direttive 2002/47/CE e 2009/44/CE), in materia di garanzie finanziarie, i quali delineano una disciplina maggiormente liberale sia in ordine all’oggetto e alle modalità di costituzione della garanzia sia in ordine alle condizioni di realizzo. Dal secondo punto di vista meritano di essere ricordati gli orientamenti espressi dalla Corte di cassazione in ordine ai limiti di ammissibilità del pegno «rotativo» e del patto marciano.

Per supplire alle lacune dell’impianto tradizionale e limitare il ricorso agli interventi legislativi di dettaglio, diversi ordinamenti di civil law hanno di recente posto in essere una riforma organica del sistema delle garanzie reali mobiliari: tra questi spiccano l’ordinamento francese, l’ordinamento olandese e quello del Québec (anche il Belgio ha di recente intrapreso un analogo processo di riforma). La disposizione introdotta si muove sulla medesima linea, prefigurando una modernizzazione del regime delle garanzie, volta a semplificare e rendere più flessibili ed efficaci le regole applicabili, allineando il diritto italiano ai più recenti sviluppi registrati in ambito europeo e internazionale (specie in ambito UNCITRAL).

La riforma si ispira, in particolare ai seguenti criteri:

a) superamento del requisito dello spossessamento quale presupposto di opponibilità ai terzi del diritto di prelazione e sua sostituzione con un regime di pubblicità personale;

b) introduzione di un apposito registro informatizzato al fine di consentire le operazioni di consultazione, iscrizione, annotazione, modifica, rinnovo ed estinzione delle garanzie, stabilendosi che la garanzia prenda grado e sia opponibile ai terzi dal momento della sua iscrizione nel registro;

c) affievolimento del principio di specialità e previsione dell’ammissibilità di una garanzia mobiliare avente ad oggetto beni individuati anche per tipologie o categorie funzionali (ad esempio beni in corso di lavorazione, riserve di magazzino, eccetera) e in relazione al loro valore, fermo restando il requisito della determinabilità per l’ipotesi di beni futuri;

d) previsione dell’ammissibilità di una garanzia mobiliare costituita per uno o più crediti, determinati o determinabili anche in relazione a rapporti futuri, ferma restando la specifica indicazione dell’ammontare massimo garantito;

e) accettazione del principio per cui, salvo diverso accordo delle parti, il soggetto costituente la garanzia ha la facoltà di utilizzare, nel rispetto della destinazione economica, i beni oggetto di garanzia; la facoltà d’uso si estende anche alla disposizione del bene, con surrogazione reale della prelazione dai beni originali a quelli risultanti all’esito degli atti di disposizione;

f) maggiore semplicità ed efficacia delle tecniche di realizzo dei diritti del creditore, previa adozione di specifiche misure volte alla tutela degli interessi del debitore concedente.

Articolo 2 (Finanziamento alle imprese)

Si introduce nel TUB l’articolo 48-bis, il quale prevede che il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o collegata, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell’imprenditore o di un terzo. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore.

In particolare, si verifica inadempimento quando il mancato pagamento si protrae, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili, per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive ovvero, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile, per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata o infine, laddove non sia prevista la restituzione in via rateale, per oltre sei mesi dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.

Tale patto può essere concluso sia al momento della conclusione del contratto, sia successivamente.

Si prevede altresì che in caso di inadempimento il creditore sia tenuto a notificare al debitore e, se diverso, al titolare del diritto reale immobiliare, una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto. Lo stesso creditore, inoltre, chiede al presidente del tribunale del luogo nel quale si trova l’immobile la nomina di un perito per la stima, con relazione giurata, del diritto reale immobiliare oggetto del patto, soggetta a contestazione da parte del debitore.

Si precisa che, anche in caso di contestazione della stima, il creditore ha comunque diritto di avvalersi degli effetti del patto e l’eventuale fondatezza della contestazione incide sulla differenza da versare al titolare del diritto reale immobiliare.

La condizione sospensiva di inadempimento si considera avverata al momento della comunicazione al creditore del valore di stima ovvero al momento dell’avvenuto versamento all’imprenditore della differenza, qualora il valore di stima sia superiore all’ammontare del debito inadempiuto, comprensivo di tutte le spese ed i costi del trasferimento.

A fini pubblicitari, il creditore provvede, mediante atto notarile, a dichiarare l’inadempimento del debitore ovvero il mancato definitivo avveramento della condizione sospensiva.

Si prevede, infine, che possa farsi luogo al trasferimento anche quando il diritto reale immobiliare già oggetto del patto sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione.

Articolo 3 (Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi)

La creazione di un mercato per i crediti deteriorati (di seguito anche non performing loans o NPL) richiede che si consenta ai soggetti interessati all’acquisto di NPL di disporre — senza dover sopportare costi eccessivi e difficoltà spesso insuperabili — di un adeguato set informativo. Ciò, al fine di permettere loro di stimare il valore di tali crediti e identificare i titolari da cui eventualmente poterli acquistare.

In una prospettiva di supporto alla domanda di NPL, è fondamentale quindi modificare l’ordinamento al fine di superare l’attuale opacità del sistema verso i possibili acquirenti. Tale opacità rappresenta, infatti, un ostacolo allo sviluppo di un mercato dei crediti deteriorati poiché impedisce ai potenziali acquirenti di ottenere le informazioni necessarie per valutare il valore di tali crediti e individuarne i titolari o, comunque, impone costi (in termini di dispendio di risorse e di tempo) che possono scoraggiare la formulazione di un’offerta e, in ogni caso, riducono la valutazione di mercato degli NPL (che scontano il costo per l’acquisizione delle informazioni e la intuibile ridotta concorrenza). La disponibilità di informazioni accurate sullo stato delle procedure esecutive di crisi è altresì essenziale per l’autorità di vigilanza sul settore creditizio, ai fini di un efficace monitoraggio sulle posizioni di rischio degli intermediari, a tutela della stabilità finanziaria.

Alla luce di quanto detto, la norma prevede la creazione di un registro elettronico presso il Ministero della giustizia che contenga informazioni in merito alle procedure esecutive, ai fallimenti, alle procedure di amministrazione straordinaria, ai concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione nonché, quando pubblicati dal debitore, ai piani di risanamento. Tale registro è accessibile dalla Banca d’Italia, la quale può trarre da esso informazioni utili ai fini dell’esercizio dei compiti di vigilanza sugli intermediari bancari e finanziari. Esso è diviso in due sezioni, una pubblica e una ad accesso limitato. Nella sezione ad accesso limitato e — salve specifiche esenzioni da individuare ad opera del decreto attuativo — oneroso, vengono pubblicati tutti gli atti relativi alle procedure e agli strumenti di cui alla norma, salve le limitatissime eccezioni individuate dal medesimo decreto attuativo in relazione alle esigenze di riservatezza del contenuto di alcune tipologie di documenti o della assenza, già ex ante percepibile, di qualsiasi valore informativo per i terzi.

Con l’occasione, la norma si propone altresì di dare attuazione al nuovo regolamento (UE) 2015/848 (che ha sostituito il regolamento (CE) n. 1346/2000), che ha imposto agli Stati membri di creare uno o più registri elettronici, accessibili gratuitamente a tutti, contenenti alcune informazioni relative alle procedure di insolvenza, e dunque, per l’Italia, ai fallimenti, alle procedure di amministrazione straordinaria, di liquidazione coatta amministrativa, ai concordati preventivi, agli accordi di ristrutturazione, alle procedure di sovraindebitamento e alla liquidazione dei beni. La norma prevede, pertanto, di inserire le informazioni previste dal regolamento (UE) 2015/848 all’interno di una sezione del registro (ossia, come previsto dal regolamento, nella sezione ad accesso pubblico).

Ciò si ritiene opportuno alla luce del fatto che molte delle informazioni che il regolamento (UE) 2015/848 prevede siano rese pubbliche sono altresì funzionali all’obiettivo di fornire al mercato informazioni a supporto della domanda di NPL e, in ogni caso, in considerazione della inopportunità di una “proliferazione” dei registri.

L’introduzione di un registro che renda accessibili al pubblico le informazioni e i documenti relativi alle procedure concorsuali e agli strumenti di gestione della crisi, con l’intento di creare i presupposti per lo sviluppo di un mercato degli NPL, trova ampio riscontro nell’esperienza maturata in tal senso nell’ambito di altri ordinamenti. In particolare, negli USA è operativo da alcuni decenni un database pubblico chiamato PACER attraverso il quale è possibile acquisire informazioni dettagliate sulle procedure (non solo fallimentari) incardinate presso le corti americane. Tale database è molto utilizzato da fondi e banche d’investimento, consulenti finanziari, studi legali e altri soggetti che a vario titolo sono interessati a ricevere informazioni sul mercato degli NPL.

L’archivio PACER è consultabile on-line(https://pacer.login.uscourts.gov/csologin/login.jsf). L’accesso all’archivio è subordinato ad una previa registrazione e attribuzione di password ed è consentito, con diversa ampiezza delle informazioni consultabili, a varie categorie di soggetti (in particolare: avvocati e utenti individuali che vi abbiano interesse). Esso permette la consultazione in tempo reale di pressoché tutti i documenti relativi a ciascuna procedura.

Articolo 4 (Disposizioni in materia di espropriazione forzata)

Si prevedono misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata, tramite modifiche al codice di procedura civile.

In particolare, al comma 1:

— lettere a) e l): prevedono l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato; l’opposizione può invece essere proposta oltre il termine nel caso in cui sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero e l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile;

— lettera b): si dettano disposizioni relative alla determinazione del prezzo del bene nell’incanto;

— lettera c): nel caso in cui la vendita dei beni pignorati sia affidata ad un commissionario, si dispone, in particolare, che il numero complessivo degli esperimenti di vendita non sia superiore a tre;

— lettera d): si semplifica l’iter di liberazione dell’immobile pignorato e si prevede il diritto degli interessati a presentare l’offerta di acquisto di esaminare i beni in vendita entro sette giorni dalla richiesta;

— lettera e): al fine di migliorare il tasso di efficienza e di trasparenza del mercato delle vendite forzate, si prevede che le vendite del beni immobili pignorati abbiano luogo obbligatoriamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui al decreto del Ministro della giustizia n. 32 del 2015, adottato in attuazione del disposto dell’articolo 161-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile. In tal modo si estende anche al settore delle vendite immobiliari la regola introdotta nell’articolo 530 del codice di procedura civile dal decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, che ha disposto che la vendita dei beni mobili pignorati deve aver luogo con modalità telematiche. È importante rilevare che, a norma del predetto decreto ministeriale, il giudice dell’esecuzione può disporre che la vendita abbia luogo con modalità mista e cioè contestualmente sia con modalità telematiche che tradizionali;

— lettere f) e g): si prevede la possibilità che il bene pignorato venga assegnato a favore di un terzo da nominare;

— lettera h): si prevede la facoltà per il giudice, al terzo tentativo di vendita andato deserto e in mancanza di istanze di assegnazione, di fissare un prezzo base inferiore al precedente fino al limite della metà;

— lettera i): si chiarisce che i giudici dell’esecuzione e i professionisti delegati possono effettuare distribuzioni anche parziali delle somme ricavate dall’esecuzione immobiliare, al fine di superare le divergenze esistenti nella prassi applicativa e di ridurre i tempi di recupero del credito;

— lettera m): si esplicita che, nel caso in cui il debitore contesti un credito solo parzialmente, il giudice sia obbligato a concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto sulla parte non contestata, garantendo così la provvisoria esecutività del credito avente prova certa.

Al comma 2 si prevede che il professionista delegato alle operazioni di vendita sia tenuto a depositare un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte, entro dieci giorni dalla pronuncia dell’ordinanza di vendita, nonché rapporti periodici con cadenza semestrale.

I successivi commi recano alcune disposizioni transitorie ai fini dell’applicazione delle disposizioni che precedono.

Articolo 5 (Accesso degli organi delle procedure  concorsuali alle informazioni contenute nelle banche dati)

Si consente al curatore, al commissario e al liquidatore giudiziale di accedere con modalità telematiche ai dati relativi ai soggetti che risultano debitori di procedure concorsuali, ai fini del recupero o della cessione dei crediti anche in mancanza di titolo esecutivo nei confronti del debitore.

Articolo 6 (Modifiche alla legge fallimentare)

Si apportano talune modifiche alla legge fallimentare, al fine di velocizzare la tempistica.

Quanto ai comma 1, si rappresenta quanto segue:

— lettera a): prevede la possibilità di costituire il comitato dei creditori anche in via telematica;

— lettera b): si statuisce che il giudice delegato possa stabilire che l’udienza sia svolta in via telematica;

— lettera c): si inserisce, tra le giuste cause di revoca del curatore, anche il mancato rispetto dell’obbligo di presentare un progetto di ripartizione delle somme tutte le volte che siano disponibili somme per la ripartizione ai creditori;

— lettere d) ed e): rendono possibile lo svolgimento in via telematica dell’adunanza dei creditori.

Articolo 7 (Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.a.)

La norma proposta è finalizzata a chiarire che la SGA, società cessionaria costituita nell’ambito del piano di salvataggio e risanamento del Banco di Napoli, può acquistare e gestire crediti ed altre attività non immobiliari anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli. Tale precisazione consentirebbe il coinvolgimento della SGA in tutte le operazioni coerenti con la sua natura di intermediario finanziario, in vista della conclusione dell’intervento pubblico. Propedeutica all’ampliamento dell’attività è la definizione della vicenda Banco di Napoli con il trasferimento al Ministero dell’economia e delle finanze delle azioni della società al valore nominale. Il trasferimento al suddetto Ministero al valore nominale delle azioni rappresentative del capitale è giustificato dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 497 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 588 del 1996, il quale prevede, ancorché nell’ambito della disciplina del meccanismo per la determinazione del corrispettivo da pagare agli azionisti nel caso in cui il Ministero si fosse avvalso della facoltà di acquisto di cui all’articolo 1, comma 4, del medesimo decreto, che sono attributi al Tesoro gli eventuali utili di bilancio realizzati dalle società cessionarie di cui all’articolo 3, comma 6. In ogni caso, il principio di neutralità che informa l’erogazione di aiuti di Stato impedisce che eventuali surplus patrimoniali possono essere attributi al Banco di Napoli (ora Intesa), una volta rimborsato il finanziamento (come avvenuto nel 2009).

 CAPO II

MISURE IN FAVORE DEGLI INVESTITORI IN BANCHE IN LIQUIDAZIONE

Articolo 8 (Definizioni)

La norma in esame detta le definizioni, in specie quella di «investitore» avente causa delle obbligazioni subordinate delle banche in liquidazione, acquistate direttamente dall’istituto di emissione o da un intermediario, e beneficiario delle prestazioni del Fondo di solidarietà.

Articolo 9 (Accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta)

 

Gli investitori che abbiano acquistato gli strumenti finanziari di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), entro la data del 12 giugno 2014 e che li detenevano alla data della risoluzione delle banche in liquidazione, in presenza di determinati presupposti di ordine patrimoniale e reddituale, possono chiedere al Fondo interbancario di tutela dei depositi l’erogazione di un indennizzo forfetario pari all’80 per cento del corrispettivo pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all’operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri. La presentazione dell’istanza di indennizzo forfetario preclude la possibilità di esperire la procedura arbitrale di cui ai commi da 857 a 860 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015.

La norma chiarisce che le risorse del Fondo di solidarietà assicurano, in via alternativa a quella diretta, il ristoro del pregiudizio subito in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazioni finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento degli strumenti finanziari subordinati. La disposizione reca norme di raccordo con la procedura arbitrale prevista dall’articolo 1, commi da 857 a 860, della legge di stabilità per il 2016. L’attivazione della procedura arbitrale preclude la possibilità di esperire la procedura di accesso diretto al Fondo di solidarietà di cui ai commi da 1 a 9. Ove la predetta procedura sia stata già attivata la relativa istanza è improcedibile. L’istanza di erogazione dell’indennizzo forfetario di cui ai commi da 1 a 9 in relazione a strumenti finanziari acquistati entro la data del 12 giugno 2014 non preclude l’accesso, da parte dei medesimi investitori, alla procedura arbitrale in relazione a strumenti finanziari acquistati oltre la suddetta data.

Articolo 10 (Disposizioni transitorie ed abrogazione di norme)

Sono apportate modifiche alle disposizioni della legge di stabilità 2016 di cui all’articolo 1, commi 856 (eliminazione del limite di 100 milioni al Fondo di solidarietà) e 857 (modifica, conseguente all’introduzione della modalità di accesso diretto al Fondo di solidarietà, del termine per l’emanazione dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di definizione delle modalità di gestione e di accesso al predetto Fondo di solidarietà e di attuazione dei commi da 855 a 858 della stessa legge di stabilità 2016 . Il termine è portato da novanta a centottanta giorni).

CAPO III

ALTRE DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Articolo 11 (Attività per imposte anticipate)

La norma è volta a superare le criticità sollevate dalla Commissione europea in merito alla legittimità, sotto il profilo della compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato, della convertibilità in crediti d’imposta delle imposte anticipate (deferred tax asset-DTA) cosiddette «qualificate» ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, (cosiddetto milleproroghe) e successive modificazioni, ovvero le DTA relative a rettifiche di valore su crediti, avviamento e altre attività immateriali.

Come noto, la disciplina contenuta nell’articolo 2, commi da 55 a 58, del decreto-legge n. 225 del 2010, prevede in quali ipotesi le DTA qualificate iscritte in bilancio sono trasformate in credito d’imposta. In particolare, la norma individua ipotesi di trasformazione delle DTA qualificate: 1) in presenza di perdita civilistica; 2) in presenza di perdita fiscale; 3) in caso di liquidazione volontaria o assoggettamento a procedure concorsuali o di gestione delle crisi. La stessa norma, al comma 57, dispone le modalità con le quali il credito d’imposta derivante da ognuna delle tre ipotesi di trasformazione può essere utilizzato. L’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha ulteriormente esteso l’ambito applicativo della disciplina in questione relativamente alle DTA IRAP afferenti ai medesimi componenti negativi (rettifiche di valore su crediti, avviamento e altre attività immateriali).

La Commissione europea, analogamente a quanto richiesto alla Spagna, ha richiesto che la trasformabilità in credito d’imposta della quota di DTA qualificate cui non corrisponde un effettivo pagamento anticipato di imposte (cosiddetto DTA di tipo 2) sia garantita solo qualora venga corrisposto un canone su tali DTA. Resta ferma invece l’ordinaria trasformabilità delle DTA qualificate cui corrisponde un pagamento anticipato di imposte (cosiddetto DTA di tipo 1).

La norma, pertanto, subordina il mantenimento della trasformabilità delle DTA di tipo 2 al pagamento di un canone pari all’1,5 per cento dell’ammontare delle stesse e stabilisce che le DTA di tipo 2 siano calcolate annualmente come differenza tra l’ammontare di DTA qualificate che si è creato dal 2008 all’anno di riferimento, incluse le DTA qualificate che sono state trasformate in credito d’imposta, e la somma delle imposte che sono state versate con riferimento agli stessi anni.

In particolare, con i commi 1 e 2 si stabilisce, per le imprese interessate dalle disposizioni di cui ai citati commi da 55 a 58 del decreto-legge n. 225 del 2010, la possibilità di continuare ad avvalersi delle citate disposizioni, con riguardo alle DTA di tipo 2, previa opzione per il pagamento di un canone annuo, deducibile dall’IRES e dall’IRAP, da corrispondere entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi; il canone deve essere corrisposto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 (comma 7) fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2029. L’opzione è irrevocabile e deve essere esercitata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disciplina in commento secondo modalità che potranno essere stabilite con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La misura è rivolta a tutte le imprese, in particolare quelle finanziarie che detengono la quasi totalità delle DTA interessate relative alle rettifiche su crediti e ai maggiori valori fiscali affrancati di avviamento e di altri beni immateriali per le quali l’opzione per il pagamento del canone consente di mantenere la computabilità delle DTA ai fini della determinazione del patrimonio netto di vigilanza.

Il canone è determinato annualmente applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alle DTA di tipo 2, pari alla differenza, se positiva, tra l’ammontare delle DTA iscritte in bilancio (determinate secondo quanto indicato al comma 3) e le imposte versate (individuate nel comma 4).

Il comma 3 fornisce le indicazioni per il calcolo del corretto ammontare delle DTA quale minuendo della differenza sopra citata. Più in dettaglio, esso è determinato in ciascun anno come differenza (positiva o negativa) tra le DTA qualificate iscritte in bilancio al termine dell’esercizio e quelle iscritte al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, aumentata delle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2007. Nel caso di cessione di crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione di DTA, ai fini del comma 3 le DTA trasformate nei crediti d’imposta oggetto di cessione continuano a rilevare in capo al cedente e non rilevano in capo al cessionario.

Il comma 4, invece, fornisce le indicazioni per la rilevazione della corretta entità delle imposte versate da considerare quale sottraendo della differenza su cui applicare il canone annuo. In particolare, si deve tenere conto, non solo dell’IRES, comprese le relative addizionali, versate con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi, e dell’IRAP versata con riferimento ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi, ma anche dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 15, commi 10, 10-bis e 10-ter, del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, della legge n. 2 del 2009, e dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR), versate con riferimento ai periodi d’imposta da quello in corso al 31 dicembre 2008 a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Secondo il comma 5, il pagamento del canone, tuttavia, non è dovuto qualora l’importo delle imposte versate, come sopra determinato, superi l’ammontare delle DTA calcolate ai sensi del comma 3.

Il comma 10 chiarisce che nel caso in cui l’opzione non sia esercitata, i commi da 55 a 57 dell’articolo 2 del citato decreto-legge n. 225 del 2010 si applicano solo alle DTA di tipo 1, cioè all’ammontare delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio diminuite della differenza, se positiva, di cui al comma 2 (ossia, diminuite delle DTA, di tipo 2). In sostanza, la mancata opzione, dalla quale scaturisce l’obbligo del pagamento del canone annuo, produce l’effetto di far perdere il diritto alla conversione in crediti d’imposta delle DTA tipo 2, vale a dire per l’ammontare che avrebbe costituito la base imponibile sul quale si sarebbe determinato il canone annuo dovuto.

I commi da 6 a 9 recano particolari disposizioni per i soggetti aderenti al consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR e per quelli interessati da operazioni straordinarie.

In sostanza, per i soggetti aderenti al consolidato la determinazione della base imponibile su cui calcolare il canone è effettuata per massa, nel senso che si tiene conto della somma delle DTA qualificate delle singole imprese e della somma delle imposte versate dalla consolidante (per quanto attiene all’IRES) e dalle singole imprese (per quanto attiene alle altre imposte). In tal caso, il pagamento del canone annuo è effettuato dalla consolidante. In caso di mancata opzione, le eventuali DTA di tipo 2 sono attribuite alle società partecipanti in proporzione alle DTA qualificate detenute da ciascuna di esse.

Nel caso in cui siano state effettuate operazioni straordinarie a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2008, e quindi l’impresa incorporante o risultante dalla fusione o dalla scissione abbia incrementato le proprie DTA qualificate per effetto di tali operazioni, ai fini del calcolo della base imponibile su cui determinare il canone, si tiene conto anche dell’ammontare delle DTA qualificate e delle imposte versate da tutte le imprese incorporate, fuse o scisse. Il comma 8 non si applica alle operazioni di cessione all’ente-ponte di diritti, attività e passività dell’ente sottoposto a risoluzione, di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.

Il comma 9 inoltre dispone che per i soggetti interessati da operazioni di fusioni e scissioni a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, che non hanno esercitato l’opzione di cui al comma 1 nei termini ivi previsti, essendo mutate le condizioni per effetto delle stesse operazioni adottate, sono, nella sostanza, riaperti i termini per l’esercizio dell’opzione in quanto la stessa è effettuabile entro un mese dalla chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la fusione o la scissione.

Il comma 11, infine, stabilisce che al canone, ai fini dell’accertamento, delle sanzioni, della riscossione e del contenzioso, si applicano le norme dettate per le imposte sui redditi.

Viene previsto che una quota parte delle maggiori entrate pari a 100 milioni di euro per l’anno 2016 siano destinate al Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come rifinanziato ai sensi dell’articolo 1, comma 639, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Articolo 12 (Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito)

L’innalzamento dei requisiti pensionistici introdotti dalla riforma pensionistica ha ridotto i bacini dei lavoratori che possono accedere alle prestazioni straordinarie il cui utilizzo ha, finora, favorito una gestione socialmente «sostenibile» degli esuberi. Alla luce di quanto sopra, ed al fine di mantenere gli obiettivi delle parti sociali di gestire in maniera responsabile le operazioni di ristrutturazione del settore del credito, si rende quindi necessario prolungare la durata massima delle prestazioni del Fondo di solidarietà di tale settore dagli attuali 60 ad 84 mesi, limitatamente agli anni 2016 e 2017.

CAPO IV

OPERTURA FINANZIARIA

Articolo 13 (Copertura finanziaria)

La disposizione reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti da talune disposizioni contenute nel provvedimento in esame