• 01/05/2024 23:19

Vexata quaestio della decorrenza della nuova causa di esclusione dal regime forfetario di cui alla lettera d-ter) del comma 57 dell’art. 1 L. n. 190/2014, introdotta dalla Legge di bilancio 2020. Gli interventi del CNDCEC

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con l’informativa n. 8 del 2020,  ha evidenziato di aver sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria la questione della decorrenza della nuova causa di esclusione dal regime forfetario per coloro che nell’anno precedente abbiano percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati di importo superiore ad euro 30.00.

Di seguito uno stralcio del documento CNDCEC e gli allegati.

Decorrenza della nuova causa di esclusione dal regime forfetario di cui alla lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 L. 23 dicembre 2014, n. 190, introdotta dalla Legge di bilancio 2020

Con riferimento all’incerta decorrenza della nuova causa di esclusione dal regime forfetario introdotta dalla Legge di bilancio 2020 (in “Finanza & Fisco” n. 38-39/2019, pag. 2179) per coloro che nell’anno precedente abbiano percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati di importo superiore ad euro 30.000, si allega la nota tecnica (di seguito riprodotta) che il CNDCEC ha inviato all’Agenzia delle entrate in cui si evidenziano i motivi che lasciano preferire l’interpretazione secondo cui, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 3, commi 1 e 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), coloro che abbiano percepito nel 2019 un reddito di lavoro dipendente o assimilato superiore a 30.000 euro potranno comunque applicare nell’anno 2020 il regime forfetario, fermo restando che dovranno rimuovere la causa ostativa nel 2020, a pena di fuoriuscita dal regime forfetario dal 2021.

Sotto il profilo più eminentemente “politico”, al fine di ottenere una presa di posizione ufficiale da parte dei competenti organi istituzionali che recepisca la predetta soluzione interpretativa, abbiamo promosso le seguenti allegate interrogazioni a risposta immediata rivolte al Ministro dell’economia e delle finanze: la n. 5-03395 (allegato 3) e la n. 5-03396 (allegato 4) presentate il 15 gennaio u.s. in Commissione Finanze della Camera dei deputati, rispettivamente, dall’on.le Trano (M5S) e dall’on.le Centemero (L-Sp). Un’analoga interrogazione a risposta immediata è stata presentata anche in Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica da parte dell’on.le De Bertoldi (FdI).

Sul punto, il Sottosegretario al Ministero dell’economia e delle finanze, Maria Cecilia Guerra, ha annunciato in tempi brevissimi un chiarimento ufficiale che propenderà invece per l’immediata applicabilità della predetta causa ostativa. Alla luce di tali anticipazioni, il CNDCEC ha già predisposto gli emendamenti per un intervento normativo che fissi la decorrenza delle nuove cause ostative dal prossimo anno.

 

Allegato 2

Nota tecnica

Regime forfetario – Nuova causa di esclusione di cui alla lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190

Il comma 692, lettera d), dell’articolo 1 della L. 27 dicembre 2019, n. 160 (in G.U. Serie Generale n. 304 del 30/12/2019 – Suppl. Ordinario n. 45) ha aggiunto la nuova lettera d-ter) al comma 57 dell’articolo 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190, secondo cui non possono avvalersi del regime forfetario: «i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato».

La nuova disposizione è entrata in vigore il 1° gennaio 2020, senza una disciplina specifica relativa alla decorrenza della sua efficacia, che occorre dunque chiarire in via interpretativa.

Al riguardo, va osservato che tale causa di esclusione era stata già introdotta, una prima volta, dall’articolo 1, comma 111, lettera b) della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (in G.U. Serie Generale n. 302 del 30/12/2015 – Suppl. Ordinario n. 70), con l’aggiunta della lettera d-bis) al comma 57 dell’articolo 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190.

Anche in tale occasione, la disposizione è entrata in vigore il 1° gennaio 2016, senza una disciplina specifica circa la sua decorrenza. Causa di esclusione che è stata successivamente abrogata per effetto della sostituzione della citata lettera d-bis) ad opera dell’articolo 1, comma 9, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (in G.U. Serie Generale n. 302 del 31/12/2018 – Suppl. Ordinario n. 62), che ha introdotto una nuova causa di esclusione dal regime forfetario per «le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro» a cui sono state aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni» per effetto dell’articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, introdotto in sede di conversione avvenuta con legge 11 febbraio 2019, n. 12.

In occasione dell’originaria introduzione, con legge n. 208/2015, della causa di esclusione per coloro che nell’anno precedente avessero percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati di importo superiore ad euro 30.000, l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 10 del 4 aprile 2016 (par. 2.3), ebbe modo di precisare che tale causa di esclusione “preclude l’applicazione del regime forfetario a decorrere dal 2016. Ne consegue che coloro che intendono applicare nel 2016 il regime di favore non devono aver percepito nel 2015 un reddito di lavoro dipendente o assimilato superiore a 30.000 euro”.

Tale interpretazione non teneva tuttavia nella giusta considerazione i principi di attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione stabiliti dallo Statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212 che contiene disposizioni che, ai sensi del suo stesso articolo 1, comma 1, «costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali».

In particolare, con riferimento all’efficacia temporale delle norme tributarie, l’articolo 3, comma 1, secondo periodo, dello Statuto del contribuente, dispone che «Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono». Il successivo comma 2 stabilisce inoltre che «In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti».

Ne consegue che le modifiche introdotte con disposizione entrata in vigore il 1° gennaio dell’anno n «si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono», ossia dall’anno n+1, e, in ogni caso, «non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore».

È per questo che in occasione delle più recenti modifiche alla causa di esclusione di cui alla lettera d) del comma 57 dell’articolo 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190 introdotte dall’articolo 1, comma 9, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (in G.U. Serie Generale n. 302 del 31/12/2018 – Suppl. Ordinario n. 62), l’Agenzia delle entrate ha avvertito la necessità di rispettare il principio statutario innanzi richiamato.

In particolare, con riferimento alla riformulata causa di esclusione prevista per «gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni», l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 9 del 10 aprile 2019 (par. 2.3.2), ha precisato che “In considerazione della pubblicazione della legge di bilancio del 2019 nella Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 302 del 31 dicembre 2018 e in ossequio a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, della Legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), qualora alla predetta data il contribuente si trovasse in una delle condizioni tali da far scattare l’applicazione della causa ostativa in esame già a partire dal 2019, lo stesso potrà comunque applicare nell’anno 2019 il regime forfetario, ma dovrà rimuovere la causa ostativa entro la fine del 2019, a pena di fuoriuscita dal regime forfetario dal 2020”.

L’Agenzia delle entrate ha ritenuto in tal modo che, in assenza di una specifica norma di decorrenza, l’efficacia temporale immediata di una disposizione che, cambiando le “regole del gioco”, prevede una causa di esclusione che non può essere rimossa dal contribuente, in quanto alla data di entrata in vigore della disposizione stessa tale causa già sussisteva, si pone in aperto contrasto con i richiamati principi di rango costituzionale dello Statuto dei diritti del contribuente. E tanto, si badi bene, con riferimento ad una modifica della causa ostativa di cui alla lettera d) del più volte citato comma 57 di tipo soltanto parziale, essendo già previsto, anche precedentemente alle modifiche recate dall’articolo 1, comma 9, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che non potessero avvalersi del regime forfetario «gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni».

A maggior ragione dunque l’immediata efficacia di una causa di esclusione non prevista nell’anno in cui la sua assenza deve essere verificata determina la medesima violazione dello Statuto del contribuente che la più recente interpretazione dell’Agenzia delle entrate ha voluto giustamente evitare con la circolare n. 9 del 10 aprile 2019 (par. 2.3.2).

Ed è proprio questa la fattispecie che si è venuta a determinare in relazione alla nuova causa di esclusione prevista per coloro che nell’anno precedente abbiano percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati di importo superiore ad euro 30.000, di cui alla nuova lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190.

Tale nuova causa di esclusione è stata infatti introdotta dal comma 692, lettera d), dell’articolo 1 della L. 27 dicembre 2019, n. 160, con una disposizione entrata in vigore il 1° gennaio 2020, ma che fa riferimento all’anno precedente (già trascorso) quale momento di verifica della sua sussistenza, con conseguente impossibilità di rimozione da parte di coloro che si siano trovati nel 2019 nelle condizioni previste dalla nuova disposizione.

Per cui, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), qualora alla data di entrata in vigore della norma il contribuente si trovasse nelle condizioni tali da far scattare l’applicazione della causa ostativa in esame già a partire dal 2020, deve ritenersi che lo stesso potrà comunque applicare nell’anno 2020 il regime forfetario, ma dovrà rimuovere la causa ostativa nel 2020, a pena di fuoriuscita dal regime forfetario dal 2021.

 

Allegato 3

Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03395

testo di

Mercoledì 15 gennaio 2020, seduta n. 289

TRANO, CURRÒ, GIULIODORI, APRILE, RADUZZI, MARTINCIGLIO, PARISSE, MIGLIORINO e CASO. —

Al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

la legge di bilancio 2020, reca alcune modifiche alla disciplina del regime forfettario, sopprimendo l’imposta sostitutiva al 20 per cento prevista a partire dal 2020, reintroducendo, come condizione per l’accesso al regime forfettario al 15 per cento, il limite delle spese sostenute per il personale e lavoro accessorio e l’esclusione per i redditi di lavoro dipendente eccedenti l’importo di 30 mila euro;

numerosi articoli di stampa rilevano tuttavia che, in base allo statuto del contribuente e a quanto ribadito dall’Agenzia delle entrate nel 2019, la cosiddetta flat tax al 15 per cento sul reddito da lavoro autonomo, si applica anche a chi attualmente sarebbe escluso dai «paletti» stabiliti dalla legge di bilancio 2020; a tal fine, per l’anno in corso, sarebbe pertanto possibile accedere alla tassazione agevolata, anche per chi, oltre al reddito da lavoro autonomo, ha percepito più di 30 mila euro, da pensione o lavoro dipendente, così come non sarebbe peraltro previsto l’avvio per quest’anno, dell’altro limite, relativo a 20 mila euro di compensi a collaboratori o spese per l’acquisto di beni strumentali;

gli interroganti evidenziano al riguardo che, in virtù di quanto disposto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti, la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti;

a tal fine, gli interroganti rilevano altresì, che i «paletti» alla flat tax, contenuti nella manovra economica per il 2020, sono stati approvati definitivamente dal Parlamento, soltanto nel mese di dicembre 2019 per entrare in vigore pochi giorni dopo, ovvero il 1° gennaio 2020;

la necessità di opportune precisazioni, in relazione alle osservazioni in precedenza esposte, risulta pertanto urgente e indispensabile, come peraltro sostenuto anche dall’Aiga nazionale, che auspica un intervento chiarificatore, valutato che sia gli operatori del settore, che oltre mezzo milione di professionisti con partite Iva, rivendicano il diritto di conoscere quale sia il regime fiscale effettivo da applicare – :

se intenda confermare l’intenzione di adottare le iniziative di competenza affinché le nuove regole sulla flat tax previste dalla legge di bilancio per il 2020 entrino in vigore dal 2021 e, in caso affermativo, per prevedere la proroga di un anno per i contribuenti che intendono avvalersi del regime forfettario.
(5-03395)

 

Allegato 4

Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03396

testo di

Mercoledì 15 gennaio 2020, seduta n. 289

CENTEMERO, GUSMEROLI, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. —

Al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
è mistero sui requisiti più stringenti per l’accesso nel 2020 al regime forfettario, di cui ai commi 691 e 692 della legge n. 160 del 2019;

l’attuale Governo ha voluto operare una vera e propria stretta sul regime forfettario introdotto dalla LegaSp al Governo con il decreto fiscale 2018, cancellando il nuovo regime agevolato con aliquota al 20 per cento per le partite Iva che ricavano fra i 65 mila e i 100 mila euro e mantenendo la tassazione agevolata al 15 per cento con tetto di 65 mila euro condizionato ai «paletti» che le spese sostenute per il personale e per il lavoro accessorio non superino i 20 mila euro lordi e che siano esclusi i soggetti, che nell’anno precedente hanno percepito redditi da lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30 mila euro;

secondo quanto pubblicato su La Stampa – Economia & Finanza – l’11 gennaio 2020, in base allo statuto del contribuente, che fissa in 60 giorni il limite di tempo che deve intercorrere tra l’approvazione delle modifiche in materia fiscale e la loro applicazione, non dovrebbe trovare applicazione la stretta sulla flat tax per il 2020;

lo stesso articolo di stampa ricorda che anche l’Agenzia dell’entrate nel 2019, con circolare n. 9/E del 10 aprile 2019, aveva fatto slittare di un anno l’esclusione dalla flat tax per chi possedeva quote di controllo in società a responsabilità limitata, in considerazione dell’approvazione della norma a ridosso della fine dell’anno;

appare, dunque, più che mai razionale e logico per gli interroganti che, applicando lo stesso principio, chi nel 2019 ha superato i nuovi limiti fissati dalla legge di bilancio 2020 resta per tutto l’anno in corso in regime di flat tax, dovendo tuttavia adeguarsi nell’anno in corso ai nuovi «paletti» per poter rimanere in tale regime anche nel 2021;

tuttavia, l’obiettivo dichiarato del Governo di far cassa con le nuove restrizioni, indicando risparmi per poco meno di 1,5 miliardi di euro, lascia presumere agli interroganti che l’attuale maggioranza intenda «forzare» sull’applicazione da subito delle nuove regole di accesso al regime della tassazione piatta – :

se il Governo intenda far chiarezza su quanto esposto in premessa.

(5-03396)