Entrata in vigore della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Cile per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, con Protocollo, fatta a Santiago il 23 ottobre 2015.
Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale con comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2017 informa che «Si è perfezionato lo scambio delle notifiche previsto per l’entrata in vigore della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Cile per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, con Protocollo, fatta a Santiago il 23 ottobre 2015. La ratifica è stata autorizzata con legge 3 novembre 2016, n. 212, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2016. In conformità al suo art. 30.1, la Convenzione è entrata in vigore il giorno 20 dicembre 2016».
Sintesi del contenuto della convenzione Italia-Cile contro le doppie imposizioni e lotta a evasione fiscale
La Convenzione sulle doppie imposizioni tra Italia e Cile costituita da 31 articoli e da un Protocollo annesso, mantiene la struttura fondamentale del modello elaborato dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): essa si applica alla sola imposizione sul reddito, con esclusione di quella sul patrimonio.
Agli articoli 1 e 2 viene delimitato il campo d’applicazione della Convenzione: i soggetti sono persone fisiche o giuridiche residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per il Cile sono quelle sul reddito. Per l’Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), quella sul reddito delle società (IRES) e l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). La Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o sostanzialmente analoga che verranno istituite successivamente alla firma della Convenzione stessa.
Agli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni: è «residente di uno Stato contraente» colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l’espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, fornendo servizi e relative attrezzature da utilizzare stabilmente nell’altro Stato contraente. Il concetto di stabile organizzazione include anche i cantieri o i progetti di costruzione e le attività di supervisione ad essi collegate, come anche la prestazione di servizi, ma solo quando tali attività si protraggono nel territorio dell’altra Parte contraente per periodi superiori a sei mesi. La relazione introduttiva al disegno di legge spiega come l’art. 5 recepisca alcuni indirizzi dell’OCSE e del G20 in materia di contrasto dell’elusione fiscale attuata per mezzo della costituzione di una stabile organizzazione, ovvero della frammentazione di essa in molteplici attività.
Gli articoli da 6 a 21 trattano dell’imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell’altro Stato sono imponibili in quest’ultimo Stato (art. 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell’impresa (art. 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata – ma anche in questo caso gli utili sono imponibili solo nella misura in cui siano attribuibili alla stabile organizzazione dell’impresa interessata. A norma dell’art. 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l’effettiva direzione dell’impresa. In riferimento agli utili di imprese associate, invece, le disposizioni dell’art. 9 sono volte a rendere possibili le rettifiche degli utili derivanti da transazioni tra dette imprese, qualora essi differiscano dagli utili che sarebbero stati conclusi nei rapporti tra imprese tra loro indipendenti. I dividendi societari (art. 10) sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario (ma sono previste eccezioni in casi determinati), così come gli interessi (art. 11) e le royalties o canoni (art. 12): lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un’imposta non superiore al 10 per cento dell’ammontare lordo per i dividendi e per i canoni, e al 15 per cento per gli interessi. Tali soglie si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l’effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell’altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale. Per quanto concerne gli utili di capitale l’art. 13 prevede anzitutto che quelli derivanti dall’alienazione di beni immobili situati nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato. Gli utili derivanti dall’alienazione di beni mobili facenti parte della stabile organizzazione che un’impresa di uno Stato contraente possiede nell’altro Stato contraente, nonché gli utili derivanti dall’alienazione dell’intera stabile organizzazione, ovvero ancora gli utili derivanti da alienazione di beni mobili appartenenti alla base fissa di cui dispone un residente dello Stato contraente nell’altro Stato contraente; risultano imponibili solo nello stato di ubicazione della stabile organizzazione o della base fissa. Gli utili prodotti dall’alienazione di navi o aeromobili utilizzati nel traffico internazionale o di beni mobili a questi correlati sono invece imponibili solo nello Stato contraente di cui è residente il venditore. Vi sono poi dettagliate previsioni sulla tassabilità degli utili che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’alienazione di azioni, interessi o altri diritti analoghi. Anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente (art. 14) o da lavoro subordinato (art. 15), il criterio per l’imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell’attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell’altro Stato: i redditi di cui all’art. 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una «base fissa», e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all’art. 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l’altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo inferiore a 183 giorni in un anno. L’art. 16 riguarda i compensi degli amministratori, e prevede la loro tassabilità nello Stato di residenza della società dei cui organi l’amministratore è membro. A norma dell’art. 17, poi, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell’attività. Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario (art. 18). Le remunerazioni e le pensioni di carattere pubblico, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi, sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell’altro Stato e ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza del beneficiario (art. 19). Per quanto concerne studenti o apprendisti che soggiornino nel territorio dell’altro Stato contraente al solo scopo di compiere studi o formazione professionale, i redditi che ricevono da fonti situate al di fuori dello Stato di temporanea residenza non sono ivi imponibili, ma solo per un periodo che non ecceda sei anni consecutivi a partire dalla data di arrivo dello studente o dell’apprendista (art. 20). L’art. 21 riguarda l’imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell’altro Stato contraente.
All’art. 22 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni, mentre l’art. 23 stabilisce il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell’altro Stato un’imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Vengono poi fatti salvi (art. 26) i privilegi fiscali di cui beneficiano i funzionari diplomatici o consolari in base alle regole generali del diritto internazionale e viene prevista la soluzione per via amichevole delle future possibili controversie in merito alla corretta applicazione della Convenzione (art. 24). Si prevede poi (art. 25) lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l’applicazione dell’Accordo, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, e del segreto industriale, commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento dell’ordine pubblico nei due Paesi. Vengono inoltre recepiti nell’art. 25 i più aggiornati standard internazionali per la lotta all’evasione e all’elusione fiscale, incluso il superamento del segreto bancario (par. 5 dell’art. 25).L’art. 27 concerne i benefici previsti dalla Convenzione, e si incentra su due previsioni principali, la prima delle quali è volta a impedire l’applicazione della Convenzione nei confronti di soggetti che abbiano posto in essere intese o transazioni esclusivamente finalizzate a ottenere i benefici in essa previsti. La seconda previsione riguarda invece la clausola volta a prevenire gli abusi realizzati attraverso triangolazioni operate mediante stabili organizzazioni. L’art. 28 è stato inserito su richiesta del Cile, conformemente a quanto previsto nelle Convenzioni in materia che il paese sudamericano ha concluso con quasi tutti gli Stati europei e/o i membri dell’OCSE, e concerne la salvaguardia di alcune disposizioni e prassi cilene su diversi profili della Convenzione in esame. D’altra parte, invece, l’art. 29 recepisce la prassi italiana sui rimborsi della eventuale maggiore imposta trattenuta in eccedenza rispetto a quanto previsto dalla Convenzione in esame, qualora il sostituto d’imposta non operi direttamente sulla base delle minori ritenute previste dalla Convenzione stessa.
Gli artt. 30 e 31 contengono disposizioni finali relative all’entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia da parte di uno Stato contraente, per via diplomatica ed entro il 30 giugno di ciascun anno, ma non prima di cinque anni dall’entrata in vigore.
Per quanto concerne il Protocollo che è parte integrante della Convenzione, esso contiene norme interpretative e di integrazione: la relazione introduttiva al disegno di legge segnala in particolare il punto 9 del Protocollo, concernente gli articoli 11 e 12 della Convenzione, in base al quale nel momento in cui il Cile dovesse successivamente concludere con un paese dell’OCSE intese più favorevoli rispetto alla tassazione sugli interessi e i canoni, queste si estenderebbero anche alla Convenzione bilaterale con l’Italia, previa debita informazione delle autorità del nostro Paese.
Link al testo della Legge 3 novembre 2016, n. 212, recante: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Cile per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, con Protocollo, fatta a Santiago il 23 ottobre 2015». (In allegato il testo della convenzione)