Si riapre la finestra per assegnazioni agevolate ai soci ed estromissione dei beni dalle imprese individuali, con imposta sostitutiva all’8% (10,5% per non operative) e 13% sulle riserve in sospensione; opzione per l’estromissione dal 1° gennaio al 31 maggio 2026 e versamenti tra settembre e novembre 2026. Sul fronte plusvalenze, il nuovo art. 86 TUIR razionalizza la rateazione: tre esercizi per beni posseduti ≥5 anni e cinque per cessioni d’azienda possedute ≥3 anni, con decorrenza dal periodo successivo al 31.12.2025. È riaperto anche l’affrancamento straordinario di saldi attivi e riserve in sospensione (aliquota 10%, pagamento in quattro rate), riferito alle poste che residuano al 31.12.2025. Sui dividendi, doppio intervento: IRAP allinea il trattamento dei flussi intra-UE (recuperi via rimborso per annualità pregresse) e, separatamente, il regime di esclusione viene subordinato a una partecipazione diretta almeno del 10% con prime ricadute già sugli acconti 2026. Per il comparto bancario-assicurativo, arrivano: deducibilità “spalmata” in cinque anni per le svalutazioni stage 1-2 IFRS 9, incremento temporaneo delle aliquote IRAP al 6,65% e 7,90% nel triennio 2026–2028, e differimenti al 2028–2029 di varie quote collegate a DTA, avviamento e first time adoption IFRS 9.
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Le brevi per ogni articolo (da 14 a 22)
Art. 14 – Disposizioni in materia di assegnazione agevolata di beni ai soci e di estromissioni dei beni delle imprese individuali
Contenuto: finestra fino al 30/09/2026; sostitutiva 8 per cento (ordinarie)/10,5 per cento (non operative); 13 per cento su riserve in sospensione; versamenti 60 per cento 30/09/2026, saldo 30/11/2026. Estromissione imprese individuali 1/1/2026-31/5/2026.
La disposizione ripropone la disciplina dell’assegnazione agevolata di beni ai soci già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, e successive proroghe, precisandone la disciplina specifica ai commi da 2 a 6.
In particolare, il comma 2 individua il perimetro dell’agevolazione e stabilisce il valore dell’aliquota dell’imposta sostitutiva da applicare sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati – o, in caso di trasformazione in società semplice, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione – e il costo fiscalmente riconosciuto. Detta aliquota è prevista nella misura dell’8%, oppure del 10,5% per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, della cessione o della trasformazione, mentre è dovuta un’imposta sostitutiva del 13% per l’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano. I commi 3 e 4 precisano le modalità di calcolo del valore normale dei beni oggetto di assegnazione e dell’imposta sostitutiva, nonché l’effetto sui titoli di partecipazione. Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro. Si fa riferimento in particolare ai criteri e alle modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’articolo 52 del TUR, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986. Si dispone, inoltre, che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate vada aumentato della differenza assoggettata a imposta sostitutiva. Viene disposto che, nei confronti dei soci assegnatari, non si applichino le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui al comma 1 e ai commi da 5 ad 8 dell’articolo 47 del TUIR, relativi alla presunzione di distribuzione degli utili di esercizio, nonché in tema di distribuzione di beni ai soci e trattamento fiscale di dette assegnazioni. Si chiarisce, inoltre, che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. Il comma 5 prevede che per le assegnazioni e le cessioni ai soci di cui ai commi da 1 a 3, le aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa. In pratica, sono ridotte alla metà (in via generale dal 9 per cento al 4,5 per cento) e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (in luogo dell’aliquota del 2 per cento per le imposte ipotecarie e dell’1 per cento per quelle catastali).
Il comma 6 precisa che il versamento dell’imposta sostitutiva deve avvenire in due rate: il 60 per cento entro il 30 settembre 2026 e la restante parte entro il 30 novembre 2026.
Il comma 7 ripropone l’applicazione delle previsioni contenute nell’articolo 1, comma 121, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che disponeva l’applicazione opzionale, per gli imprenditori individuali, di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 30 settembre 2025. Il pagamento dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell’impresa, con effetto dal primo periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2026. I versamenti rateali dell’imposta sostitutiva in parola sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2026 (60%) e la restante parte entro il 30 giugno 2027 (40%). Per i soggetti che si avvalgono della presente disposizione gli effetti dell’estromissione decorrono dal 1° gennaio 2026. Più in dettaglio, si dispone che l’imprenditore individuale che, alla data del 30 settembre 2025, possieda beni immobili strumentali possa, entro il 31 maggio 2026, optare per l’esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell’impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2026. L’esclusione implica il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto. La disposizione di cui al citato comma 121 prevede, inoltre, l’applicazione, in quanto compatibili, delle norme dei commi da 115 a 120 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015. La citata disposizione di cui al comma 7 disciplina, inoltre, i termini per il versamento dell’imposta sostitutiva che deve essere fatto in due rate, rispettivamente, entro il 30 novembre 2026 e il 30 giugno 2027.
Art. 15 – Razionalizzazione della disciplina in materia di rateizzazione per la tassazione delle plusvalenze sui beni strumentali
Contenuto: nuovo comma 4 dell’art. 86 TUIR: se possesso ≥5 anni, rate in 2 esercizi successivi (beni strumentali); regole ad hoc immobilizzazioni finanziarie (ultimi 5 bilanci, FIFO) e cessioni d’azienda (possesso ≥3 anni, fino a 4 esercizi). Applicazione dal periodo successivo al 31.12.2025.
La previsione di cui al comma 1, sostituendo il comma 4 dell’articolo 86 del TUIR, modifica la tassazione delle plusvalenze nell’ambito della disciplina del reddito di impresa. In conseguenza delle modifiche, l’opzione per la tassazione frazionata in cinque esercizi resta possibile solo per le plusvalenze derivanti da cessione di aziende o rami di azienda detenuti da almeno tre anni (due anni per le società sportive professionistiche). Le plusvalenze relative a beni diversi da quelli al cui commercio è diretta l’attività d’impresa detenuti da almeno cinque anni e ai beni iscritti come immobilizzazioni finanziarie iscritti negli ultimi cinque esercizi saranno tassate in tre quote, mentre tutte le altre saranno tassate nell’anno di realizzazione. Le relative opzioni devono essere esercitate nella dichiarazione dei redditi, e, in mancanza, la plusvalenza si intende imputata interamente all’annualità di realizzo Il comma 2 specifica che la disciplina prevista al comma 1 si applica alle plusvalenze realizzate a partire dall’anno imposta 2026, e che nella determinazione dell’acconto dovuto per l’esercizio successivo a quello in corso al 31.12. 2025 si tiene conto dell’imposta che si sarebbe determinata considerando la vigenza delle nuove disposizioni.
In altri termini, fermo restando il principio generale per cui le plusvalenze concorrono a formare il reddito nel periodo d’imposta in cui sono realizzate, in base alle modifiche apportate
- le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni (diversi da quelli a cui si applica l’articolo 87 del TUIR) possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di tre esercizi, qualora i predetti beni siano posseduti per un periodo non inferiore a cinque anni;
- le plusvalenze derivanti dalla cessione di aziende o rami d’azienda possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di cinque esercizi, qualora le predette aziende (o rami di azienda) siano possedute per un periodo non inferiore a tre anni;
- le plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, per la quota parte proporzionalmente corrispondente al corrispettivo eventualmente conseguito in denaro, possono essere assoggettate a tassazione, su opzione del contribuente, in quote costanti per la durata di cinque esercizi, qualora i predetti diritti siano posseduti per un periodo non inferiore a due.
Art. 16 – Affrancamento straordinario delle riserve in sospensione di imposta
Contenuto: imposta sostitutiva 10 per cento su saldi attivi/riserve/fondi in sospensione residui al 31.12.2025; 4 rate annuali dal saldo imposte 2025; rinvio a D.M. 27/06/2025.
La disposizione, “riapre” i termini per l’affrancamento straordinario delle riserve per il 2025, previo il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali o maggiorazioni, con aliquota del 10 per cento, da versare in quattro rate annuali. In particolare, prevede la riapertura, in via straordinaria, dei termini per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione non affrancati e delle riserve in sospensione di imposta ancora sussistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2025. Il comma 2 richiama l’applicabilità delle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 27 giugno 2025, di attuazione dell’articolo 14 del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192.
Art. 17 – Revisione della disciplina dei dividendi infra-UE IRAP e della disciplina delle istanze di rimborso
Contenuto: esclusione 95 per cento dei dividendi UE dalla base IRAP (banche/assicurazioni); rimborsi per annualità pregresse via istanza art. 38 D.P.R. n. 602/1973, con possibilità di compensazione con l’imposta sostitutiva dell’art. 20.
La disposizione modifica gli articoli 6 e 7 del decreto IRAP al fine di adeguare la normativa interna alla decisione dalla CGUE del 1° agosto 2025, riguardante le cause riunite C-92/24, C-93/24 e C-94/24, che ha giudicato l’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 446 del 1997, in contrasto con la direttiva n. 2011/96/UE, laddove questo assoggetta ad imposizione IRAP il 50 per cento dei dividendi distribuiti, nell’ambito di gruppi composti da intermediari finanziari, alle società madri residenti in Italia dalle loro società controllate residenti in altro Stato membro.
Ne consegue che gli enti creditizi e le imprese assicurative potranno escludere dal concorso al valore della produzione netta il 95 per cento dei dividendi provenienti dalle controllate che rispettano i requisiti per essere inclusi nella disciplina di cui alla direttiva n. 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (c.d. direttiva madri-figlie). In linea con la normativa comunitaria, inoltre, richiamando l’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), è ammessa l’esclusione da imposizione IRAP del 95 per cento solo per i dividendi provenienti da società ed enti non residenti relativi ai titoli e agli strumenti finanziari per i quali nello Stato estero di residenza del soggetto emittente è prevista l’indeducibilità della relativa remunerazione dal reddito.
Disciplinate, inoltre, le modalità di recupero della maggiore IRAP relativa ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2025, riferita ai dividendi che hanno concorso alla formazione del valore della produzione netta, ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997, in misura eccedente.
In particolare, disposto che l’eccedenza possa essere esclusivamente chiesta a rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, che ammette il recupero dell’imposta non dovuta entro il termine di quarantotto mesi dalla data in cui il versamento è stato eseguito.
Per i soggetti che, alla data di entrata in vigore della (ora disegno di legge) legge, non abbiano presentato istanza, qualora alla medesima data sia ancora pendente il termine di cui all’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, il rimborso è subordinato alla presentazione all’Agenzia delle entrate di un’istanza, secondo le modalità che saranno stabilite con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Detto obbligo non è contemplato per coloro che, alla data di entrata in vigore, hanno già chiesto il rimborso ai sensi del citato articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973.
Art. 18 – Modifiche alla disciplina dei dividendi
Contenuto: regime di esclusione subordinato a partecipazione diretta ≥10 per cento (con look-through per l’indiretta). La stretta vale per le distribuzioni deliberate dal 1° gennaio 2026; pertanto, deliberare entro il 31 dicembre 2025 consente di mantenere l’attuale, più favorevole, tassazione anche se il pagamento avverrà nel 2026.Tempistiche da ricordare. Entro 31 dicembre 2025: deliberare per conservare l’attuale regime. Dal 1° gennaio 2026: nuova disciplina sulle delibere di distribuzione. Acconti 2026: le nuove regole rilevano già nel calcolo. Previsti decreti MEF di coordinamento. Alternative (complementari) alla delibera anticipata. Incremento della partecipazione fino alla soglia del 10% (acquisti da altri soci) per rientrare anche in futuro nell’esclusione.
La disposizione modifica il trattamento fiscale dei dividendi percepiti dagli imprenditori e dalle società o enti residenti – disciplinato negli articoli 59 e 89 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) – limitando l’accesso al regime della c.d. esclusione, previsto come strumento di contrasto ai fenomeni di doppia imposizione economica in presenza di flussi di dividendi provenienti da società o enti i cui utili sono stati già assoggettati ad imposizione fiscale.
In particolare, modifica la disciplina nel caso in cui il percettore dei dividendi sia un imprenditore individuale. L’articolo 59 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), nella nuova formulazione, prevede che gli stessi concorrono alla base imponibile per il 58,14 per cento del loro ammontare solo se provengono da società nella quali l’imprenditore detiene una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento. Per determinare tale percentuale si considerano anche le partecipazioni detenute indirettamente tramite società controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del c.c. (tenendo conto dell’effetto demoltiplicazione).
La disposizione interviene, anche, sul comma 2 dell’articolo 89 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), prevedendo che gli utili distribuiti dalle società e dagli enti residenti in Italia non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi per il 95 per cento del loro ammontare, solo nell’ipotesi in cui il percettore detenga una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento. Viene, dunque, introdotto nell’ordinamento nazionale un principio desunto dalla direttiva n. 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi che richiede agli Stati membri di porre rimedio alla doppia imposizione economica, ma esclusivamente nelle ipotesi in cui sussistano precipui requisiti sia del soggetto erogante che del soggetto percettore. Con le modifiche sopra descritte, infatti, si valorizza uno di tali elementi consistente nella “partecipazione nel capitale non inferiore al 10 per cento”.
Al fine di valorizzare anche le partecipazioni detenute indirettamente dal percettore dei dividendi, si stabilisce, inoltre, che ai fini della determinazione della percentuale rilevano anche le partecipazioni detenute indirettamente tramite società controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del Codice civile, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa di controllo. La ratio della disposizione è da ricercare nella possibilità da parte del soggetto controllante di incidere sulla distribuzione dei dividendi delle proprie controllate, che detengono ulteriori partecipazioni, rispetto a quelle possedute direttamente, dalle quali provengono parimenti dividendi.
Stante il rinvio all’esclusione di cui al comma 2 dell’articolo 89 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), non è stato operato alcun intervento sulla disciplina dei dividendi provenienti da società o enti localizzati in territori diversi da Paesi a fiscalità privilegiata (individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
Con le disposizioni contenute al comma 1, lettera b), n. 2) è stata allineata al nuovo principio generale anche la disciplina fiscale degli utili provenienti da società o enti residenti o localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata che, sono, in linea di principio, tassati integralmente (per fruire della esclusione dal reddito il percettore, con riferimento alle partecipate di cui detiene una quota non inferiore al 10 per cento, deve dimostrare il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, della condizione indicata al comma 2, lettera b), del suddetto articolo 47-bis ovvero che «dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»).
In considerazione delle modifiche apportate al secondo periodo del comma 3 dell’articolo 89 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), inoltre, il percettore di dividendi provenienti da società o enti localizzati in territori diversi da Paesi a fiscalità privilegiata può dimostrare la sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo 47-bis, ovvero lo svolgimento di un’attività economica effettiva, solo con riferimento ai soggetti nei quali è detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento. In tal caso i dividendi concorrono solo per il 50 per cento del loro ammontare e al percettore spetta un credito “indiretto” per le imposte assolte dal soggetto estero in proporzione alla quota imponibile del dividendo stesso.
Le modifiche sopra descritte, infine, si riflettono anche sulla specifica disciplina relativa agli utili distribuiti da una controllata residente che abbia i requisiti CFC è contenuta nell’articolo 167 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). Nell’ipotesi in cui la controllante si sia avvalsa del meccanismo opzionale di determinazione della tassazione effettiva previsto nel comma 4-ter del citato articolo 167 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), gli utili distribuiti dalla società controllata estera sono esclusi dal reddito del soggetto percettore nella misura del 95 per cento, non risultando per il socio controllante provenienti da Paesi a regimi fiscali privilegiati, solo se provenienti da soggetti nei quali è detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento.
In ragione delle modifiche sopra descritte, apportate agli articoli 59 e 89 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), qualora i dividendi provengano da partecipazioni nel capitale delle partecipate inferiori al 10 per cento, gli stessi concorrono integralmente al reddito imponibile al momento della relativa percezione (resta, dunque, ferma la tassazione di cassa con il credito in luogo della competenza economica).
Il comma 2 specifica che la nuova disciplina si applica alle distribuzioni dell’utile di esercizio, delle riserve e degli altri fondi, deliberate a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Ai sensi del comma 3, dette disposizioni operano già ai fini della determinazione dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.
Art. 19 – Regime della deducibilità delle svalutazioni sui crediti verso la clientela per perdite attese
Contenuto: Per crediti stage 1-2: deducibilità quinquennale (esercizio + 4); coordinamento su DTA.
La disposizioni interviene sulle regole di deducibilità delle svalutazioni dei crediti verso la clientela delle imprese del comparto bancario, al fine di ripartire la deduzione degli oneri relativi alle rettifiche sui crediti del primo e secondo stadio di rischio di credito.
Al riguardo, giova ricordare come, con l’introduzione del principio contabile internazionale IFRS 9 (“Strumenti finanziari”), nella valutazione del merito creditizio, si è passati da un approccio retrospettivo basato sulle evidenze delle perdite incorse “incurred loss approach”, ad uno prospettico “forward looking approach” finalizzato ad intercettare in anticipo eventuali possibili perdite di valore, con lo scopo di rilevarne gli effetti nel conto economico senza dover attendere che le perdite stesse si realizzino.
Secondo l’IFRS 9 per la rilevazione delle rettifiche di valore non si deve, quindi, attendere che l’evento di perdita si manifesti, quanto, piuttosto, anticiparlo attraverso una stima della perdita attesa di valore (expected credit loss – ECL).
Come chiarito nella circolare n. 262 del 2005 di Banca d’Italia (agg.to al 17/11/2022), con il termine “stadio di rischio di credito si intende la classificazione delle attività finanziarie valutate al fair value con impatto sulla redditività complessiva, delle attività finanziarie valutate al costo ammortizzato, degli impegni a erogare fondi e delle garanzie finanziarie rilasciate soggetti alle regole di svalutazione dell’IFRS 9 in funzione delle variazioni del loro rischio di credito (cfr. sezione 5.5 dell’IFRS 9)”.
Nel bilancio bancario, ai fini della svalutazione, dunque, sono distinti i seguenti stadi di rischio:
- primo stadio: assenza di aumento significativo del rischio di credito dell’esposizione rispetto all’iscrizione iniziale, la banca valuta le perdite attese su un orizzonte temporale di 12 mesi;
- secondo stadio: aumento significativo del rischio di credito dell’esposizione rispetto all’iscrizione iniziale, la valutazione si estende per l’intera durata (residua) del credito, anche in considerazione degli scenari macroeconomici e settoriali previsti;
- terzo stadio: esposizioni deteriorate (c.d. attività finanziarie impaired), la valutazione del rischio di credito si opera avendo riguardo all’intera durata del credito, sulla base di scenari analitici.
L’intervento prevede per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 e per i tre successivi, in luogo della deducibilità integrale delle rettifiche di valore relative ai crediti del primo e secondo stadio di rischio di credito, come sopra descritti, che dette svalutazioni iscritte in bilancio da parte degli intermediari finanziari sono deducibili ai fini IRES nell’esercizio in cui sono imputate in bilancio e nei quattro successivi (cinque periodi d’imposta).
Si stabilisce, inoltre, la non applicabilità alle attività per imposte anticipate, iscritte a seguito dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, della disciplina della trasformazione delle imposte anticipate in credito d’imposta (di cui ai commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter dell’articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10). In pratica, al fine di annullare i riflessi sulla disciplina della conversione in crediti d’imposta delle DTA si prevede il divieto di conversione di quelle iscritte.
Il comma 3 detta la disposizione relativa all’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.
Art. 20 – Revisione del contributo straordinario e affrancamento della riserva
Contenuto: revisione del contributo e affrancamento riserve con modalità dedicate.
Con l’articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023 è stata introdotta nell’ordinamento nazionale un’imposta straordinaria, per l’anno 2023, calcolata sull’incremento del margine d’interesse rispetto all’esercizio precedente, gravante sui soggetti di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 385 del 1993, recante “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” (TUB).
Il citato articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2023 prescrive che il contributo straordinario sia determinato applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
In sede di conversione del citato decreto-legge n. 104 del 2023, la disciplina dell’imposta straordinaria in esame è stata integrata introducendo, ai sensi del comma 5-bis, del citato articolo 26, una facoltà per le banche colpite dal prelievo straordinario. In sintesi, in luogo del versamento, le banche possono destinare un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta dovuta ad una riserva “non distribuibile”, istituita in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024.
È, inoltre, previsto che, qualora la riserva sia utilizzata per distribuire utili ai soci, entro 30 giorni dall’approvazione della delibera sia necessario versare l’imposta straordinaria aumentata di un importo pari in ragione d’anno al tasso di interesse sui depositi presso la Banca Centrale Europea, a partire dalla scadenza del termine di versamento dell’imposta straordinaria stessa (c.d. recapture rule).
Con il comma 1 dell’articolo in esame si modifica l’articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2023 prevedendo l’inserimento del comma 5-bis.1. Nello specifico, a partire dall’esercizio avente inizio successivamente al 1° gennaio 2028, si stabilisce che la distribuzione degli utili, tra cui anche gli acconti sui dividendi, o delle riserve, di qualunque tipologia, attuata dai soggetti indicati al comma 1 dell’articolo 26 del citato decreto-legge n. 104 del 2023 debba riferirsi in via prioritaria alla riserva costituita ai sensi del comma 5-bis dello stesso articolo 26, indipendentemente da quanto disposto con la delibera assembleare.
Il comma 2 introduce un regime di affrancamento della riserva del citato articolo 26, comma 5-bis del decreto-legge n. 104 del 2023, che opera in relazione all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2025 e al successivo, ma con aliquote differenziate al fine di incentivare la “liberazione” degli utili che costituiscono la riserva.
Il comma 3, infatti, stabilisce che l’aliquota dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2 è pari al 27,5 per cento per l’affrancamento delle riserve esistenti al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e al 33 per cento per l’affrancamento delle riserve esistenti al termine dell’esercizio successivo.
Con il comma 4 si conferma la disattivazione della c.d. recapture rule in caso di distribuzione delle riserve che sono state oggetto di affrancamento mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2. Diversamente, qualora i soggetti in esame non esercitino l’opzione per l’affrancamento, a partire dall’esercizio avente inizio successivamente al 1° gennaio 2028, le distribuzioni di utili o riserve sono presuntivamente attribuite alla riserva costituita, ai sensi del comma 5-bis dello stesso articolo 26 del citato decreto-legge n. 104 del 2023, determinando l’attivazione della suddetta recapture rule.
L’imposta, indeducibile, è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa a ciascun periodo d’imposta nel quale è effettuato l’affrancamento e deve essere corrisposta entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al medesimo periodo d’imposta.
Le riserve di cui al comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2023, esistenti al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2025, possono essere affrancate al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, previo pagamento dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2, con aliquota 27,5 per cento, entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al medesimo periodo d’imposta (quindi, entro il 30 giugno 2026). La relativa opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno civile). L’affrancamento è operabile anche nel periodo d’imposta 2026, previo pagamento dell’imposta sostitutiva con aliquota 33 per cento ed esercizio dell’opzione nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta chiuso al 31 dicembre 2026. A partire dal periodo d’imposta 2027 non può essere operato alcun affrancamento.
Ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione dell’imposta sostitutiva nonché del contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.
Art. 21 – Incremento dell’aliquota IRAP per gli enti creditizi e le imprese di assicurazione
Contenuto: limitatamente ai periodi d’imposta 2026, 2027 e 2028, dispone l’aumento di due punti percentuali delle aliquote Irap per i soggetti:
- di cui al comma 1-bis, lett. b) – banche e altri enti e società finanziarie (da 4,65% a 6,65%)
- di cui al comma 1-bis, lett. e) – imprese di assicurazione (da 5,90% a 7,90%).
Nel dettaglio, l’articolo prevede, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 (e per i due successivi), un incremento dell’aliquota base IRAP di due punti percentuali, per i soggetti che determinano la base imponibile ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997. Di conseguenza, le aliquote richiamate all’articolo 16, comma 1-bis, lettere b) e c), vengono rideterminate, rispettivamente, al 6,65 per cento per le banche e gli altri enti e società finanziarie e al 7,90 per cento per le imprese di assicurazione. Il comma 2 precisa che ai fini della determinazione dell’acconto IRAP su base storica per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025, occorre tenere conto dell’imposta relativa al periodo in corso al 31 dicembre 2025 che si sarebbe determinata applicando le nuove aliquote.
Art. 22 – Sospensione della deduzione dei componenti negativi connessi alle DTA
Contenuto: sospensione/differimento di quote di deduzione (tra cui 3,80 per cento/12,36 per cento) al 2028–2029; sospensione parziale della quota deducibile 2027 (dal 15,83% al 6,33%) dei componenti negativi emersi in sede di prima adozione dell’IFRS 9, disposte dalla legge n. 145 del 2018; coordinamento con norme 2015/2018.
La disposizione prevede il differimento di una quota di deduzione pari al 3,80 per cento, riferibile al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, dello stock delle svalutazioni e perdite su crediti non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 e scaglionate secondo un “piano di ammortamento” dettato dall’articolo 16, commi 4 (ai fini IRES) e 9 (ai fini IRAP), del decreto-legge n. 83 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2015. Il differimento avviene in quote costanti ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 e a quello successivo.
Con un intervento analogo differisce una quota di deduzione pari al 12,36 per cento, riferibile al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, dello stock di quote di ammortamento del valore di avviamento e delle altre attività immateriali non ancora dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2018 e scaglionate secondo un “piano di ammortamento” dettato dall’articolo 1, comma 1079, della legge n. 145 del 2018. Il differimento avviene in quote costanti ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 e a quello successivo.
Differisce, inoltre, una quota deducibile pari al 9,50 per cento, riferibile al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, relativa ai componenti negativi emersi in sede di prima adozione dell’IFRS 9, disposte dalla legge n. 145 del 2018. Il differimento avviene in quote costanti ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 e a quello successivo.
L’eventuale maggior reddito imponibile derivante dall’applicazione delle novello sopra citate, in linea di principio, potrebbe essere oggetto di compensazione con le perdite pregresse, ai sensi dell’articolo 84 del TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, fino all’80 per cento del relativo ammontare e, per la parte residua, con le eccedenze relative all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 216 del 2023. Ciò comporterebbe effetti finanziari nulli delle disposizioni in esame. Con il comma 4, lettera b), dunque, con esclusivo riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, si introduce una limitazione temporanea all’uso delle predette posizioni soggettive determinata applicando una percentuale forfetaria pari al 54 per cento del maggior reddito imponibile, relativo sempre al medesimo periodo d’imposta, che emerge per effetto delle nuove disposizioni. Resta ferma l’applicazione delle regole ordinarie all’utilizzo delle perdite e delle eccedenze ACE sulla parte residua del reddito imponibile. Analogo intervento è effettuato per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 (cfr. comma 4, lettera a) per il quale già la legge di bilancio per il 2025 aveva disposto il differimento delle deduzioni delle menzionate quote, con un limite fissato, tuttavia, al 45 per cento del suddetto maggior reddito imponibile relativo al medesimo periodo d’imposta.
Con riferimento ai soggetti aderenti al consolidato, le disposizioni di cui al comma 5 estendono le limitazioni anche in sede di determinazione del reddito della fiscal unit. Pertanto, le società determineranno i propri singoli redditi computando in diminuzione dal maggior reddito, e limitatamente ad esso, le eccedenze ACE e le perdite pregresse nella misura ivi prevista del 54 per cento del reddito stesso, mentre la consolidante computa in diminuzione del reddito complessivo globale le perdite pregresse del consolidato nella misura del 54 per cento del maggior reddito imponibile che si considera per espressa previsione normativa formato prioritariamente dal maggior reddito imponibile determinato come somma dei maggiori redditi imponibili delle singole società. Sulla parte residua del reddito complessivo globale restano ferme le ordinarie modalità di utilizzo delle perdite. Stabiliti, infine, i criteri di determinazione degli acconti per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 e per i tre successivi.
Continua …
IV – Le Misure pro-impresa (Titolo VI, Capo I, artt. 94–98)
Il testo del disegno di legge di Bilancio 2026 presentato al Senato Il testo del DDL-Disegno di legge, recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028» – (Sezione I del disegno di legge A.S. n. 1689) – DDL n. 1689 (TOMO II) Le relazioni del Ddl bilancio 2026 Le relazioni (illustrativa e tecnica) al disegno di legge, recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028» – (Sezione I del disegno di legge A.S. n. 1689) – DDL n. 1689 – Testo correlato 1689 (TOMO I) – Relazione illustrativa – Relazione tecnica |
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