• 23/04/2024 7:50

 

La maxi agevolazione non si applica agli interventi sugli edifici composti da più unità immobiliari appartenenti ad unico proprietario. Questo è quanto affermato dal direttore dell’Agenzia delle entrate Avv. Ernesto Maria Ruffini nell’audizione sul tema del “Superbonus”, dinnanzi alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

In particolare, il direttore ha evidenziato che “il riferimento normativo al ‘condominio’ (articolo 119, comma 9, lettera a, del decreto-legge n. 34 del 2020) comporta che il Superbonus spetti per gli interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio in condominio e che, invece, siano esclusi quelli realizzati su edifici composti da più unità immobiliari di un unico proprietario o di comproprietari. La scelta del Legislatore di richiamare espressamente, tra i beneficiari del Superbonus, i ‘condomìni’ non ha consentito di estendere a tale agevolazione la prassi consolidata, finora adottata in materia di Ecobonus, di Sismabonus, nonché di detrazioni spettanti per interventi di recupero del patrimonio edilizio, laddove è stato sostenuto che, per parti comuni, devono intendersi ‘in senso oggettivo’ quelle riferibili a più unità immobiliari funzionalmente autonome, a prescindere dall’esistenza di una pluralità di proprietari e, dunque, dalla costituzione di un condominio nell’edificio (risoluzione n. 167 del 12 luglio 2007; circolare n. 121 dell’11 maggio 1998, paragrafo 2.6). Le agevolazioni sopra citate, infatti, spettano anche all’unico proprietario (o ai comproprietari) dell’intero edificio per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni”.

Inoltre, tra le tematiche affrontate, risultano di particolare rilevanza, le indicazioni fornite dal direttore dell’Agenzia delle entrate in relazione agli aspetti relativi alle sanzioni e alle responsabilità. Il direttore, infatti, nel fornire la propria interpretazione in merito al concorso in violazione di cui all’articolo 121, comma 6, del decreto Rilancio, ha chiarito che “qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, si provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del beneficiario della detrazione stessa (articolo 121, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020), maggiorata degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973) e della sanzione per omesso o tardivo versamento (articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997).

Nel caso di concorso nella violazione (articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997) il fornitore che ha applicato lo sconto e il cessionario del credito rispondono solidalmente (con il beneficiario della detrazione):

  • della sanzione (ai sensi del citato articolo 9, comma 1);
  • della detrazione illegittimamente operata e dei relativi interessi (articolo 121, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2020).

Come precisato nella risposta all’interrogazione n. 5-04585,i destinatari degli esiti del controllo sono, quindi, i beneficiari della detrazione (i soggetti che sostengono le spese agevolate), ovvero anche i fornitori in solido nel caso di concorso nella violazione”.

Al di fuori dell’ipotesi di “concorso”, i fornitori e cessionari “rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto(così il provvedimento di attuazione dell’Agenzia delle entrate dell’8 agosto 2020, punto 7).

Per la configurabilità del concorso di persone valgono i criteri generali in materia sanzionatoria, per cui è richiesto l’accertamento del “contributo” di ciascun concorrente alla realizzazione della violazione, cioè la concreta capacità di favorire la violazione stessa (si veda, al riguardo, la circolare ministeriale n. 180/E del 10 luglio 1998).

 

Di seguito un esempio a maggior chiarimento.

Se la spesa sostenuta è pari a 40.000 euro, la detrazione è pari a 44.000 euro (110 per cento di 40.000).

Il fornitore effettua uno sconto di 40.000 euro, in quanto lo sconto non può essere superiore al corrispettivo dovuto (in sostanza, il beneficiario non pagherà nulla), maturando un credito d’imposta pari a 44.000 euro.

Nel caso in cui sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta:

  • l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni, nei confronti dei beneficiari della detrazione; nel caso in esame il recupero riguarderà l’importo di 44.000 euro, oltre a sanzioni e interessi;
  • il fornitore o il cessionario che acquisisce il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta (nel nostro esempio 44.000 euro) (cfr. circolare n. 24/E, par. 9).

Il fornitore o il cessionario risponderà solo in due casi:

  • se l’Ufficio accerta il concorso nella violazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997;
  • per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto (ad esempio, il fornitore compensa 50.000 euro anziché 44.000 euro). Tale seconda ipotesi, in realtà, non riguarda tanto la fruizione del Superbonus quanto il corretto utilizzo di crediti d’imposta in compensazione.”.

Link al testo dell’audizione del Direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, svoltosi il 18 novembre 2020 presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, sul tema del “Superbonus, articoli 119-121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (“decreto Rilancio”), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77