• 29/03/2024 13:30

In tema di determinazione del reddito di impresa, i corrispettivi in denaro o in natura erogati in favore di associazioni sportive dilettantistiche, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a e 200.000 euro, a titolo di sponsorizzazione, costituiscono, per presunzione assoluta di legge ex art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002 spese di pubblicità integralmente deducibili, a condizione che la sponsorizzazione sia finalizzata a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor e che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale. Questa è la massima espressa dai giudici maceratesi, (Commissione Tributaria Provinciale di Macerata, Sezione I, Sent. n. 67 del 7 marzo 2018 – Presidente: Fazzini, Relatore: Zampetti – di seguito riportata) in un caso riguardante la deduzione di spese di pubblicità/sponsorizzazione per euro 145.000 sostenute dalla società a seguito di contratti conclusi alcune società sportive dilettantistiche.

Conf.: Commissione Tributaria Provinciale di Pisa, Sez. I, Sent. n. 94 del 29 gennaio 2015. A giudizio del giudici pisani “La ratio della norma è di far sì che le Società sportive beneficiarie trovino, nella possibilità di ricevere erogazioni, la loro fonte di finanziamento subordinata all’esistenza di un rapporto sinallagmatico senza alcuna valutazione in termini di proporzione tra prestazione e controprestazioni, ovviamente nell’ambito del tetto stabilito e ciò anche al fine di consentire ad esse di finanziare le loro attività”

Spese di sponsorizzazione definite “spese di pubblicità” (Art. 90, comma 8 Legge 289/2002) nella giurisprudenza del Giudice di legittimità

Ai sensi dell’articolo 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, costituiscono le spese di pubblicità volte alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivo di 200.000 euro, le spese sostenute a favore di determinati enti, associazioni che operano nel settore dell’attività sportiva dilettantistica. Tale presunzione circa la natura dei costi di sponsorizzazione, che vengono considerati, nel limite dell’importo di euro 200.000,00 comunque “spese di pubblicità”, non può essere vinta da un l’eventuale giudizio di antieconomicità della spesa sostenuta in rapporto al fatturato aziendale, trattandosi di una ipotesi di presunzione “legale” circa la loro natura pubblicitaria. In questi termini, si è espressa, in recenti arresti giurisprudenziali, la Corte Suprema di Cassazione, (cfr. Cass. Sent. n. 5720 del 23/03/2016 (in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati); Ord. n. 8981 del 06/04/2017(in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati); Ord. n. 14232 del 07/06/2017(in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati) ove si sta consolidato l’orientamento secondo cui: “la norma agevolativa (art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002) ha introdotto una “presunzione legale assoluta” circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza di dette spese di sponsorizzazione”, a determinate condizioni. Precisamente che:

“a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;

b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa;

c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;

d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (es. apposizione del marchio sulle divise, esibizione di striscioni e/o tabelloni sul campo da gioco, etc.)”. (excerpta da Cass. 14231/2017, cit.)

 

Il testo integrale della sentenza n. 67 del 7 marzo 2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Macerata – Sezione I

 

Commissione Tributaria Provinciale di Macerata – Sezione I – Sentenza (CTP) n. 67 del 7 marzo 2018

Presidente: Fazzini Carla, Relatore: Zampetti Enrico

 

IMPOSTE SUI REDDITI – Redditi di impresa – Spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 – Sostenute a favore di associazioni sportive dilettantistiche – Spese pubblicitarie per presunzione legale assoluta circa la loro natura – Deducibilità per il soggetto erogante – Legittimità – Condizioni Limite annuo complessivo non superiore a 200.000 euro – Sponsorizzazione finalizzata a promuovere l’immagine e i prodotti dell’impresa – Associazione abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale – Art. 90 comma 8, L 27/12/2002, n. 289 – Art. 108 del D.P.R. 22/12/1986, n. 917

La Commissione Tributaria Provinciale di Macerata, Sez. I, riunita con l’intervento dei Signori: Fazzini Carla (Presidente), Zampetti Enrico (Relatore), Spuntarelli Mario (Giudice), ha emesso la seguente

 

Sentenza

 

— sul ricorso n. —/2017 depositato il 21.02.2017

— avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. — IVA-ALTRO – IRAP 2011

contro:

  1. ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI-LEGALE MACERATA

proposto dal ricorrente:

difeso da:

Motivi della decisione

1. Con ricorso proposto in data 26.01.2017 e depositato in data 21.02.2017, il difensore della società —, con sede a — impugnava l’avviso di accertamento n. — emesso dall’Agenzia delle Entrate di Macerata per l’anno d’imposta 2011.

Con detto atto l’Ufficio effettuava una serie di rilievi, ed in particolare contestava:

a) l’indebita deduzione di spese di pubblicità/sponsorizzazione – per euro 145.000 sostenute dalla società a seguito di contratti conclusi con dieci società sportive dilettantistiche; in particolare rilevava, nella fattispecie, il difetto del requisito della inerenza rispetto all’attività della impresa, sia sotto il profilo qualitativo (concreta attività svolta dallo sponsor) che quantitativo (congruità della spesa in relazione ai possibili benefici promozioni e al Bacino di utenza del soggetto sponsorizzato). In proposito richiamava alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità secondo cui la deduzione è ammessa solo ove le spese di sponsorizzazione risultino effettivamente connesse all’attività svolta e abbiano dato luogo ad un incremento commerciale. Evidenziava poi che nel concreto la società — aveva erogato somme a vantaggio di soggetti che non operavano – né direttamente né indirettamente – nel suo settore, per prestazioni pubblicitarie “di dubbia utilità” e che apparivano “sproporzionate” ed “irragionevoli”. Con specifico riguardo ai singoli contratti sottolineava poi che gli stessi risultavano “estremamente generici nei contenuti” ed in particolare nella descrizione delle prestazioni che sarebbero state fornite e che la documentazione fornita non consentiva di individuare “alcun tratto specifico” di dette prestazioni. Non era poi ravvisabile alcun nesso funzionale tra l’attività svolta dalla società — e l’abbinamento pubblicitario con le associazioni sportive sponsorizzate, tenuto anche conto del fatto che la società non si rivolge ai privati bensì ad operatori del settore (—), che la maggior parte del suo fatturato si realizza nei confronti di soggetti con sede all’estero ovvero in regioni diverse dalle Marche e che i ricavi risultano diminuiti significativamente negli anni oggetto di verifica (2011-2012). Dagli atti poi emergeva che erano stati corrisposti compensi differenti a fronte di impegni contrattuali e bacini di utenza analoghi.

b) L’indebita deduzione di costi non inerenti per un importo di euro 3.881,40 (relativi a spese per carburanti senza utilizzo delle schede carburanti e relativi a costi per corsi specialistici non inerenti l’attività di impresa).

A sostegno del gravame il ricorrente deduceva i seguenti motivi:

A) – difetto di motivazione per errata applicazione del principio di inerenza e violazione del disposto di cui all’art. 90, comma 8 della legge n. 289/2002;

B) – illegittimità del rilievo della indeducibilità, ai fini IRAP, dei costi di pubblicità/sponsorizzazione sostenuti (la base imponibile IRAP delle società di capitali è determinata direttamente dai dati di bilancio come differenza tra i componenti positivi e negativi del conto economico e dunque in merito non può essere effettuato alcun sindacato basato sulla dedotta non inerenza dei costi);

C) – illegittimità del rilievo, ai fini IVA, della indebita detrazione d’imposta per euro 29.918,00 (le prestazioni concordate sono state realmente effettuate e dunque l’IVA è stata legittimamente detratta).

2. In data 27.03.2017, quindi, l’Agenzia delle Entrate di Macerata si costituiva in giudizio presentando le proprie controdeduzioni in merito al ricorso, di cui chiedeva il rigetto. In tale sede richiamava le argomentazioni esposte nell’atto impugnato circa il difetto del requisito di inerenza dei costi contestati a sostegno della bontà del proprio assunto, sottolineando in particolare che negli anni 2011 e 2012 le spese pubblicitarie risultavano superiori ai costi per le provvigioni pagate dalla società ricorrente all’unico agente di commercio con mandato per tutto il territorio nazionale e per l’estero. Evidenziava comunque la infondatezza dei motivi sub B) e C) del ricorso poiché, ai fini della deducibilità, i componenti negativi di reddito devono comunque attenere all’attività di impresa (cosa che non si ha nel caso in cui difetti il requisito della inerenza); analogamente per la detrazione dell’IVA che può effettuarsi solo in relazione a spese effettuate nell’ambito dell’attività di impresa.

Il successivo 21.11.2017, poi, la società ricorrente depositava una memoria illustrativa con cui ribadiva le proprie argomentazioni richiamando i più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di interpretazione dell’art. 90, comma 8 L. 289/2002.

3. All’esito dell’odierna udienza, infine, ascoltata l’esposizione del giudice relatore, le parti discutevano la causa riportandosi infine alle conclusioni scritte già rassegnate in atti.

4. Ciò chiarito, ritiene questa Commissione che il ricorso sia – in parte – fondato.

Condivisibili appaiono le argomentazioni esposte dalla società in relazione alla interpretazione della richiamata disposizione normativa di cui all’art. 90, comma 8, L. n. 289/2002.

Va invero affermata, in via generale, la correttezza del comportamento del contribuente nel dedurre spese di sponsorizzazione sostenute nell’anno 2012 nei confronti delle associazioni sportive dilettantistiche indicate nell’avviso impugnato.

La questione è nota ed è stata più volte affrontata in giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. Sez. 6 – 5, Sentenza n. 5720 del 23 marzo 2016 in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati; Ordinanza n. 8981 del 6 aprile 2017 in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati; Ordinanza n. 14232 del 7 giugno 2017 in www.pianetafiscale.it – Area riservata agli abbonati) ove si è ormai consolidato l’orientamento per cui:

“in tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione di società sportive dilettantistiche, sancita dall’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002, opera in virtù della sola ricorrenza dei presupposti previsti dalla norma, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori”; “le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002, infatti, sono assistite da una ‘presunzione legale assoluta’ circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che:

a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;

b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa;

c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;

d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale”.

In tali decisioni la Corte ha superato il precedente indirizzo interpretativo che distingueva tra spese di rappresentanza (affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo) e spese di pubblicità o di propaganda (erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta). Aveva poi affermato la Corte che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti del disposto di cui all’art. 108 TUIR, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21977 del 28/10/2015). Secondo tale impostazione, quindi, laddove non era provato alcun nesso tra attività sponsorizzata e quella posta in essere dallo sponsor le relative spese non potevano essere considerate di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma dovevano ritenersi spese di rappresentanza soggette ai limiti della norma sopra citata.

Il nuovo orientamento valorizza invece – in modo condivisibile – la lettera del citato art. 90, comma 8, L. n. 289/2002.

Se l’art. 108 TUIR (prima della soppressione operata con il D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2017, n. 19) distingueva tra spese di pubblicità e di propaganda (interamente deducibili) e spese di rappresentanza (deducibili se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità) e se il legislatore ha espressamente indicato che «il corrispettivo in denaro o in natura in favore di associazioni sportive dilettantistiche … costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2 (oggi 108), del TUIR», appare chiaro come detto corrispettivo sia ex lege interamente deducibile a prescindere dai requisiti della inerenza e della congruità richiesti invece per le spese di rappresentanza.

È stato infatti apertamente indicato che, ove sussistano determinati requisiti, le somme spese devono essere ricondotte alla categoria “spese pubblicitarie” di cui al D.P.R. n. 917/1986 e non già a quella delle “spese di rappresentanza”.

Per le stesse, quindi, non può applicarsi il criterio distintivo, di origine giurisprudenziale, che richiedeva la prova per la società sponsor di una diretta aspettativa di ritorno commerciale.

Risulta così smentito l’assunto dell’Ufficio che ritiene che la presunzione assoluta introdotta dalla norma più volte menzionata si riferisca unicamente alla natura delle spese sostenute, e non già al requisito di inerenza delle stesse rispetto all’attività esercitata da parte di chi intende portarle in deduzione.

In considerazione delle suesposte argomentazioni, dunque, poiché nel caso di specie è stata dimostrata – e comunque non è stata contestata dall’Ufficio – la sussistenza di tutti i requisiti richiesti, appare chiara l’infondatezza dell’impostazione seguita con l’atto impugnato.

Per quanto attiene alla dedotta illegittimità dell’avviso di accertamento per aver fatto erronea applicazione della normativa che consente la deducibilità delle spese di sponsorizzazione sostenute nei confronti di associazioni sportive dilettantistiche fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a e 200.000, quindi, il ricorso deve essere accolto.

Considerato, poi, che non ha formato oggetto di impugnazione l’ulteriore rilievo mosso dall’Ufficio nell’avviso impugnato (riportato sub n. 2 di detto atto), non può evidentemente accogliersi la richiesta di annullamento in toto dell’atto, che deve quindi essere invalidato solo in parte.

Alla luce del parziale accoglimento del gravame va comunque disposta l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

la Commissione accoglie parzialmente il ricorso limitatamente alla contestata indebita deduzione delle spese di pubblicità/sponsorizzazione. Spese compensate.

Così deciso a Macerata, il 14 febbraio 2018.

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